wcit-2012

La Yalta della Rete

La Conferenza intergovernativa sulle telecomunicazioni internazionali (WCIT) svoltasi a Dubai nel dicembre scorso sarà forse ricordata come la Yalta di Internet. Lo sostiene Alexander Klimburg, dell’Istituto Austriaco per gli Affari Internazionali, secondo il quale l’appuntamento ha segnato l’inizio di una lunga guerra fredda fra paesi autoritari e liberal-democratici per la definizione della futura governance della Rete (si veda The Internet Yalta, pubblicato il 5 febbraio 2013 sul sito del Center for a New American Security). Da una parte il blocco dei governi che sostengono il mantenimento del modello attuale, definito come multistakeholder approach, dall’altra quelli che propugnano un maggiore controllo statale sulle attività online dei cittadini e delle società. Da una parte Stati Uniti, Canada e – più timidamente – Unione Europea, dall’altra Russia, Cina, Iran e molti paesi in via di sviluppo. Klimburg vede, in ciò, anche un confronto fra due opposte visioni del potere politico: una in cui il potere appare sempre più distribuito e coinvolge attori privati, e l’altra in cui – viceversa – lo stato ha un ruolo dominante nell’esercizio del potere stesso. Di seguito pubblico i materiali presentati sull’argomento durante la lezione di questa mattina:

Ma che cosa intendiamo, quando parliamo di multistakeholder approach? In sostanza ci riferiamo al fatto che la governance della Rete non è affidata agli stati, ma viene definita attraverso un processo “dal basso” nel quale sono coinvolti diversi attori: la società civile, le imprese e i governi. La maggior parte degli standard e delle regole su cui è basata la Rete nasce dall’iniziativa del settore privato nelle sue diverse articolazioni (mondo accademico, comunità open source, startup ecc.), mentre l’industria fornisce l’infrastruttura di trasporto (operatori di telecomunicazioni) e i servizi (operatori “over the top”, o OTT). All’interno di questo schema il ruolo degli stati è risultato fino a oggi marginale. Pensiamo, per esempio, alla posizione dell’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), l’organizzazione non profit basata negli USA che coordina il sistema dei nomi di dominio di Internet in tutto il mondo. Tale posizione, fondamentale per la gestione quotidiana della Rete, è senz’altro più importante di quella ricoperta da qualunque governo.

Non c’è dubbio che, in un simile scenario, il primato culturale degli Stati Uniti su Internet sia andato negli anni consolidandosi, insieme al successo di alcune società private americane, che hanno conquistato il mondo con i loro servizi (si pensi solo ai casi di Google e Facebook). Per contrastare questo primato, che è anche economico e strategico, si muovono da tempo diversi paesi. In particolare Russia e Cina rivendicano la loro sovranità sul ciberspazio e quindi il diritto di fissare regole e controlli dall’alto. Tali paesi vedono nel multistakeholder approach una minaccia alla sicurezza nazionale, dal momento che esso impedisce il controllo sui contenuti prodotti e consumati dai cittadini.

La Conferenza di Dubai, convocata dall’ITU (International Telecommunication Union, un’agenzia indipendente delle Nazioni Unite) con la proposta di modificare le norme sulle telecomunicazioni internazionali (ITR) in vigore dal 1988, ha rappresentato il contesto ideale per sferrare un attacco senza precedenti al multistakeholder approach. Alla WCIT hanno giocato gli interessi convergenti da un lato del fronte anti USA, guidato dalle delegazioni di Russia, Cina e Iran, dall’altro degli operatori telefonici, interessati a una modifica della situazione attuale per contrastare il vantaggio degli OTT. Nei mesi che hanno preceduto l’appuntamento di Dubai le parti in causa hanno svolto un’intensa attività diplomatica, pubblicistica e di lobbying. Il governo cinese ha usato argomenti assai convincenti per portare sulle proprie posizioni molti paesi asiatici e africani, grati per il sostegno offerto da Pechino alle loro economie. Dal canto suo la ETNO, organizzazione di categoria che rappresenta gli operatori telefonici europei, si è spesa sui media per sostenere la necessità di alcune modifiche sostanziali all’impianto ITR (la cosiddetta “sender-pays rule”), con lo scopo di meglio tutelare gli interessi economici e i futuri investimenti delle compagnie telefoniche. Sul fronte opposto hanno fatto sentire la propria voce l’amministrazione USA, il commissario europeo per l’agenda digitale Neelie Kroes e Google. In particolare la compagnia di Mountain View ha lanciato la campagna Take Action, tuttora in corso.

Durante i lavori della WCIT il destro alla modifica delle norme attuali è stato offerto dallo stesso presidente dell’ITU, Hamadoun Touré, il quale ha posto in votazione un emendamento all’articolo 5 delle ITR presentato da un gruppo di delegati dei paesi africani e poi fatto proprio dall’Iran. Il testo è ambiguo, in quanto non fa esplicito riferimento a Internet. Di fatto, però, sancisce il diritto degli stati a controllare i contenuti prodotti e consumati dagli utenti in Rete. La votazione delle nuove regole è avvenuta in un contesto poco trasparente, come ricostruisce efficacemente Eli Dourado, ricercatore della George Mason University, co-fondatore di WCITLeaks e membro della delegazione USA a Dubai (si veda Behind closed doors at the UN’s attempted “takeover of the Internet”, pubblicato il 20 dicembre scorso sul sito di Ars Technica). A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, si può osservare che le norme restano a livello di raccomandazione, non si parla mai di ICT ma solo di “telecomunicazioni” e la “sender-pays rule” proposta da ETNO è stata rigettata.

La spaccatura registrata a Dubai porterà a una frammentazione del ciberspazio in una serie di internet nazionali, controllate dagli stati? Molto dipenderà da quello che accadrà nei prossimi due anni. Il nuovo trattato dovrà essere ratificato dagli stati membri ed entrerà in vigore solo nel maggio del 2015. Nel frattempo altri importanti appuntamenti sono previsti in sede ITU: a maggio 2013 (il World Telecommunications Policy Forum, che si riunirà a Ginevra) e nel novembre 2014 (la Conferenza di Busan, Sud Corea). Gli emendamenti in discussione a Ginevra sono disponibili sul sito dell’ITU, qui.

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