Guida alla tesi di laurea

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Come si scrive una tesi. Stile, regole di impaginazione, citazioni, riferimenti bibliografici e un po’ di grammatica.

Quelle che seguono sono le norme redazionali, grammaticali e tipografiche di base da seguire per la stesura della prova finale di laurea triennale e della tesi di laurea magistrale, integrate con una serie di consigli del sottoscritto.

Per quanto riguarda gli stili redazionali e tipografici, ricordo che esistono diverse forme d’uso nell’ambito della scrittura scientifica e accademica. Quindi le indicazioni contenute in questo post non pretendono di rappresentare l’unico standard accettabile. L’importante è che si compia una scelta univoca e che si tenga conto di alcuni principi di ordine generale.

1. Due utili manuali: Eco e Lesina

Per un inquadramento del tema suggerisco la lettura di Come si fa una tesi di laurea, un classico di Umberto Eco. Nonostante il tempo trascorso dalla sua prima apparizione, l’opera – uscita nel 1977 per Bompiani, aggiornata nel 1985 e più volte ristampata negli anni successivi, fino all’edizione in formato digitale del 2017 (La Nave di Teseo) – resta insuperata per acume e completezza.

Utile anche, di Roberto Lesina, Il nuovo manuale di stile. Guida alla redazione di documenti, relazioni, articoli, manuali, tesi di laurea (Bologna, Zanichelli, 2009).

Infine rimando alla pagina Domande frequenti, nel sito dei corsi in Comunicazione dell’Università di Pavia.

2. Lunghezza

Nel caso della prova finale di laurea triennale (CIM), la lunghezza minima deve essere di 60.000 caratteri, spazi esclusi. La tesi di laurea magistrale (CoD), invece, deve avere una lunghezza minima di 250.000 caratteri, sempre spazi esclusi.

3. Elementi paratestuali

L’elaborato deve includere, nell’ordine, i seguenti elementi:

  • Frontespizio (un esempio di frontespizio può essere reperito sul sito dei corsi in Comunicazione dell’Università di Pavia, nella sezione Modulistica)
  • Indice
  • Introduzione
  • Testo
  • Conclusioni
  • Note a fine testo (in alternativa, le note possono essere collocate a piè di pagina; in tal caso si veda quanto specificato nel successivo paragrafo 5)
  • Bibliografia e sitografia
  • Abstract in italiano
  • Abstract in inglese

4. Stile

La tesi di laurea, come ogni altra forma di letteratura scientifica, non è un esercizio di bella scrittura. Occorre privilegiare l’obiettivo della chiarezza, tenendo a bada eventuali pulsioni da “prosa d’arte” e puntando sul discorso perspicuo. Ecco alcuni principi di ordine generale:

  • Evitare ridondanze, ambiguità e cliché (ovvero metafore moribonde, come quando diciamo il canto del cigno, il tallone d’Achille o la fucina di idee).
  • Utilizzare termini che abbiano riscontro nel dizionario o comunque siano entrati nell’uso comune della lingua italiana (per esempio, in italiano postare significa «prendere posto», non «pubblicare un contenuto su una piattaforma online»).
  • Non eccedere con le forme verbali passive.
  • Fare un uso moderato degli avverbi con suffisso in -ente (come assolutamente, decisamente o – il peggiore di tutti – sostanzialmente).
  • Abolire espressioni ampollose e burocratiche, che allungano inutilmente il brodo (per esempio, scrivere per e non al fine di, questa tesi e non il presente elaborato, tendere e non manifestare la tendenza).

La chiarezza si consegue anche attraverso una corretta organizzazione dei contenuti. Il testo deve presentarsi, nel suo insieme, ben strutturato dal punto di vista del percorso argomentativo. Ciò significa:

  • Definire e rendere percepibile la gerarchia degli argomenti, ricapitolando le idee in una piramide, raggruppandole logicamente ed esponendole una alla volta, secondo il modello elaborato da Barbara Minto in The Pyramid Principle: Logic in Writing and Thinking  (le cose essenziali e la sintesi al piano superiore della piramide, i dettagli alla base).
  • Usare le congiunzioni coordinanti (anche, infatti, dunque, invece) quando servono a collegare fra loro due affermazioni, evitarle quando fra le due affermazioni non vi è alcun nesso.
  • Non esagerare con le parentesi, che interrompono il flusso del discorso.
  • Non andare a capo troppo spesso.

Per una riflessione più approfondita sulla questione dello stile, suggerisco alcune utili letture:

  • George Orwell, Politics and the English Language, in « Horizon», 13, 76, 1946, pp. 252–265; trad. it. La politica e la lingua inglese, in La neolingua della politica, Milano, Garzanti, 2021, pp. 21-67.
  • Rudolf Flesh, The Art of Readable Writing, New York NY, Harper & Row, 1949 (nuova edizione 1974).
  • Italo Calvino, L’italiano, una lingua tra le altre, in Saggi. 1945-1985 (a cura di Mario Barenghi), Milano, Mondadori, 1995, pp. 146-153.
  • Roberto Vacca, Comunicare come. Come trasmettere le proprie idee. Come orientarsi nel mondo dell’informazione, Milano, Garzanti, 1990.
  • Luisa Carrada, Guida di stile. Scrivere e riscrivere con consapevolezza, Bologna, Zanichelli, 2017.
  • William Strunk Jr., The Elements of Style. Classic edition: 2018 update, San Luis Obispo CA, Spectrum Ink, 2018.

5. Carattere, corpo e impaginazione del testo e delle note

Font

Per la redazione della tesi di laurea suggerisco l’impiego di un carattere graziato “classico”, come il Garamond o il Palatino. Si può optare anche per un carattere transizionale, come il Bodoni o il Times New Roman. Quest’ultimo, anzi, è raccomandato dalla maggior parte delle università.

Giustificazione del testo e impaginazione

Il testo deve essere giustificato e deve avere corpo 13, interlinea 1,5 e margini di 3 cm (superiore, inferiore, destro e sinistro), con un rientro di 1,25 cm a ogni capoverso.

Ogni paragrafo deve essere preceduto dal numero e dal titolo, secondo l’ordine del sommario. I titoli vanno in grassetto.

I numeri di pagina vanno in basso al centro.

Note

Le note devono essere numerate progressivamente e possono essere collocate a fine testo o a piè di pagina. Suggerisco tuttavia di adottare la seconda soluzione, più pratica. Le note vanno in corpo 10 e con un rientro di 1,25 cm nella prima riga.

I numeri in esponente devono essere collocati prima dei segni di interpunzione (per esempio, si scrive i limiti del cervello umano1. e non i limiti del cervello umano.1) e all’esterno delle parentesi: per esempio, si scrive come già detto (cfr. pp. 27-31)1.

6. Uso del corsivo

Il corsivo va usato in tre casi:

  • per i titoli di libri, riviste e periodici (per i titoli non usare il sottolineato, il grassetto o le virgolette);
  • per dare enfasi a parole o espressioni specifiche (non usare il sottolineato o il grassetto);
  • quando ricorriamo a termini appartenenti a lingue straniere, compresi latino e greco (fanno eccezione, ovviamente, le parole di origine straniera entrate nell’uso comune dell’italiano, come computer, manager, partner, chic ecc.)

7. Accenti e apostrofi

7.1 Accenti

In italiano l’accento può essere acuto o grave. L’accento acuto indica chiusura della vocale. Si usa nei seguenti casi:

  • nel ché causale e tutti i suoi composti: perché, poiché, cosicché, affinché, sicché ecc.;
  • nella terza persona singolare dei passati remoti (ribatté, poté);
  • nei composti di tre e di re (cinquantatré, trentatré, viceré…);
  • (negazione, diverso da ne avverbio o pronome, per cui scriveremo «né questo né quello», ma «ne desumiamo che…»);
  • (riflessivo, diverso da se congiunzione o pronome, per cui scriveremo «chi fa da sé fa per tre», ma «se avessi saputo che…»).

Benché alla scuola elementare ci abbiano insegnato il contrario, il sé riflessivo va con l’accento anche quando è seguito da stesso, per cui scriveremo sé stesso e non se stesso.

L’accento grave indica apertura della vocale. Si usa in è, ahimè, piè, cioè ecc. Quando usiamo i caratteri maiuscoli, la terza persona singolare del presente indicativo si scrive È (con l’accento), non E’ (con l’apostrofo).

7.2 Apostrofo

L’apostrofo indica elisione. Si usa cioè per indicare la caduta di una o più lettere in una parola, come in po’ (che sta per poco e che non va confuso con il nome del fiume Po, senza apostrofo né accento).

7.3 Accento, apostrofo o niente?

Se abbiamo dei dubbi, ricordiamo che:

  • (bevanda) è diverso da te (pronome personale);
  • (affermativo) diverso da si (pronome, nota musicale);
  • (verbo dare) è diverso da da (preposizione semplice) e da da’ (imperativo del verbo dare);
  • (giorno) è diverso da di (preposizione semplice) e da di’ (imperativo di dire);
  • è (verbo essere) è diverso da e (congiunzione);
  • ché (causale) è diverso da che (congiunzione o pronome);
  • (avverbio di luogo) è diverso da li (pronome);
  • (avverbio di luogo) è diverso da la (articolo o pronome);
  • do (prima persona singolare verbo dare) va scritto preferibilmente senza accento, visto che non può confondersi con la nota musicale do;
  • vogliono l’accento grave ciò, già, giù, più, può, ahimè, cioè, perciò, però, caffè, lacchè, gilè, ohimè, Giosuè, Noè, Mosè e la maggior parte dei nomi propri tronchi, ma anche lunedì e tutti i giorni della settimana fino a venerdì (i quali – a differenza dell’inglese – vanno scritti con l’iniziale minuscola, come i nomi dei mesi: «martedì 13 settembre», non «Martedì 13 Settembre»);
  • vogliono l’accento acuto (fede), scimpanzé, mercé;
  • non vogliono l’accento fa, sa, so, va (voci dei verbi fare, sapere, andare), qua, qui, sto (prima persona singolare del verbo «stare») e su;
  • vogliono l’apostrofo po’ (nel senso di «un poco», mentre il nome del fiume Po – come detto – si scrive senza apostrofo) e gli imperativi fa’ e va’;
  • Oltrepò (il nome che designa il territorio pavese e piacentino a sud del Po) si scrive con l’accento;
  • qual è si scrive senza apostrofo;
  • si scrive un altro (maschile), perché non vi è alcuna elisione, mentre al femminile occorre l’apostrofo (un’altra);
  • sta (terza persona singolare del verbo «stare») è diverso da sta’ (imperativo seconda persona singolare dello stesso verbo, che corrisponde a «stai»).

8. Virgolette

Esistono due tipi di virgolette:

  • italiane, dette anche virgolette doppie basse o caporali (« »);
  • inglesi, dette anche virgolette doppie alte o apici (“ ”).

I caporali si usano nelle citazioni e nei dialoghi all’interno del testo (si veda quanto specificato a proposito delle citazioni nel paragrafo 9). Esempio:

«Carneade! Chi era costui?» ruminava tra sé don Abbondio seduto sul suo seggiolone, in una stanza del piano superiore, con un libricciolo aperto davanti, quando Perpetua entrò a portargli l’imbasciata. «Carneade! questo nome mi par bene d’averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un letteratone del tempo antico: è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?» Tanto il pover’uomo era lontano da prevedere che burrasca gli si addensasse sul capo!

Se all’interno dei caporali dobbiamo porre altre virgolette, perché la citazione contiene un’altra citazione (intercitazione), è necessario usare quelle inglesi. Esempio:

Così si esprime Paolo Costa: «Dobbiamo insomma convenire che la lettura non è – per usare le parole di Guglielmo Cavallo e Roger Chartier – “un’invariante antropologica”. Al contrario, essa si è manifestata storicamente in una serie di pratiche di volta in volta diverse».

Le virgolette inglesi si usano nei seguenti casi:

  • nelle intercitazioni, come appena detto;
  • nei dialoghi interni;
  • per enfatizzare una parola;
  • per connotare espressioni usate in senso diverso da quello corrente.

Le virgolette non si devono mai usare per i titoli delle opere, i quali devono invece essere in carattere corsivo.

9. Citazioni

La citazione consiste nell’inserimento di parole altrui nel nostro scritto. La citazione deve essere sempre riconoscibile come tale, affinché il lettore possa distinguere chiaramente fra le nostre parole e quelle degli altri. Inoltre, la citazione deve essere sempre accompagnata dal relativo riferimento bibliografico, come illustrato nel successivo paragrafo 10.

Esistono due forme di citazione:

  • la citazione breve – ovvero quella che ha un’estensione massima di due-tre righe – va inserita nel corpo del testo, fra virgolette (usare i caporali);
  • la citazione lunga – quella che si sviluppa oltre le tre righe – va inserita in corpo minore, senza virgolette, staccata dal testo.

Esempio di citazione breve:

Il testo – suggerisce McKenzie – va interpretato nel contesto materiale di produzione: «ogni libro racconta una storia a sé stante rispetto a quella narrata dal testo».

Il punto fermo alla fine della citazione va sempre dopo le virgolette di chiusura, come nell’esempio sopra.

Esempio di citazione lunga:

Diverso, semmai, l’approccio di Ricoeur, per il quale le due soggettività dell’autore e dell’interprete finiscono per annullarsi in una soggettività più grande, quella del testo stesso:

Comprendere è comprendersi davanti al testo. Non imporre al testo la propria limitata capacità di comprendere, ma esporsi al testo e ricevere dal testo un io più vasto. […] Allora la comprensione è esattamente il contrario di una costruzione nella quale il soggetto funga da chiave di volta. A tale riguardo sarebbe più corretto parlare di un io costituito dalla “cosa” del testo.

All’interno del testo della citazione – come nell’esempio sopra – il segno di omissione si indica con tre puntini racchiusi fra parentesi quadre: […].

10. Riferimenti bibliografici

È scorretto citare una fonte in modo informale, generico o incompleto. Non si può scrivere, per esempio:

Un libro di Eco, pubblicato negli anni 70, ci fornisce una serie di utili suggerimenti per la stesura della tesi di laurea.

Chi è l’autore? Di quale libro si tratta? In quale anno è stato pubblicato?

I riferimenti bibliografici – o riferimenti citazionali – hanno lo scopo di fornire al lettore tutte le informazioni necessare al reperimento delle fonti (autori e opere) in base a cui sono state formulate le affermazioni contenute nella tesi di laurea. Ogni volta che in un lavoro scientifico riportiamo il pensiero di altri, dobbiamo segnalarlo con la massima chiarezza. È scorretto attribuirci ipotesi, idee e parole che non ci appartengono. Nei casi più gravi si può incorrere nel reato di plagio, che consiste appunto nella falsa attribuzione a sé di opere delle quali spettino ad altri i diritti d’autore.

È possibile scegliere fra due modalità di inserimento dei riferimenti bibliografici:

  • modalità citazione-nota;
  • modalità autore-data (detta anche intertestuale).

Nel primo caso è la nota a piè di pagina a fornire il riferimento bibliografico adeguato. Nel secondo caso, invece, il riferimento bibliografico viene inserito nel corpo del testo, fra parentesi.

Ovviamente è importante che, avendo optato per una delle due modalità, si rimanga fedeli alla scelta iniziale. È altresì ovvio che, in entrambi i casi, il riferimento bibliografico non sostituisce la bibliografia, di cui parliamo più avanti.

Di seguito, le regole da rispettare per l’una come per l’altra modalità.

10.1 Modalità citazione-nota

Esistono diversi stili citazionali riconducibili a questa modalità: Chicago A Style, Vancouver Style e altri. In linea di massima, i suggerimenti che seguono sono conformi alle regole del sistema Chicago A, così come descritte in The Chicago Manual of Style, Chicago, The University of Chicago Press, 2017 (una versione online del manuale è consultabile gratuitamente per 30 giorni).

Nella modalità citazione-nota, le citazioni bibliografiche sono inserite in nota. Esse devono risultare complete di tutti gli elementi, separati da virgole, e cioè:

  • Nome e cognome dell’autore, in tondo (se gli autori sono due o più, i loro nomi e cognomi andranno separati da virgola);
  • Titolo dell’opera, in corsivo;
  • Eventuale indicazione del volume con cifra romana, preceduto da vol.;
  • Numero dell’edizione (se un libro ha più di un’edizione, occorre sempre specificare quale si è adoperata, ed in genere è meglio consultare l’edizione più recente);
  • Luogo di pubblicazione;
  • Nome dell’editore;
  • Data di pubblicazione;
  • Eventuale rinvio alla pagina (p.) o alle pagine (pp. o p. e ss.).

La citazione bibliografica deve essere preceduta da:

  • Nessuna sigla allorché si riportano passi o frasi contenuti nell’opera a cui si rinvia;
  • Cfr. (confronta) allorché non si cita apertamente, ma si parafrasa o si ricostruisce il senso o le intenzioni o le grandi linee;
  • V. (vedi) allorché non si cita né si parafrasa.

10.1.1 Libri

Ecco alcuni esempi di riferimenti bibliografici relativi a libri:

Nome Cognome, Titolo, Luogo, Editore, 2004, p. 5.

Nome Cognome, Titolo, 3a ed., Luogo, Editore 1943, p. 55 e ss.

Nome e Cognome, Titolo, vol. II, Luogo, Editore, 1944, pp. 809-812.

10.1.2 Opere miscellanee

Far seguire al titolo il nome del curatore con la dicitura «a cura di», oppure «ed.» se il titolo dell’opera è in inglese e in spagnolo; «hrsg.» se è in tedesco; «éd.» o «éds.» se è in francese. La sigla Aa.Vv. (scritta come qui indicato) va usata esclusivamente nel caso in cui il frontespizio non faccia riferimento né a uno o più autori né a uno o più curatori.

Nome Cognome, Titolo, in Nome Cognome (a cura di) Titolo della miscellanea, Luogo, Editore, 2004, p. 10.

10.1.3 Atti di convegno

Nome Cognome, Titolo, in Titolo del convegno (Luogo di svolgimento del convegno, giorno mese e anno di svolgimento del convegno), luogo di pubblicazione degli atti, anno di pubblicazione, pp. xxx-yyy.

10.1.4 Articoli in rivista o pubblicazione periodica

Indicate autore e titolo dell’articolo, seguito dal nome della rivista fra virgolette doppie basse, numero del volume in cifre arabe, numero dell’eventuale fascicolo in cifre arabe separato da barra obliqua senza spazi, anno di pubblicazione fra parentesi, numeri di pagina di inizio e fine dell’articolo preceduti da pp. e separati da trattino, eventuali numeri delle pagine citate introdotte da due punti. Così:

Nome e cognome, Titolo dell’articolo, in «Nome della rivista», xx/y (anno), pp. xxx-yyy: xxy.

10.1.5 Citazione di opera già citata in precedenza

Per citare opere già citate in precedenza si userà il nome puntato e il cognome per esteso dell’autore, un’abbreviazione significativa del titolo, i puntini sospensivi, la dicitura: cit. (non in corsivo) e il numero di pagina cui si intende fare riferimento (tutti gli elementi vanno separati da virgole). Per esempio:

Nome Cognome, Il diritto…, cit., p. 23.

10.1.6 Citazione ripetuta di una stessa opera

Se si fa riferimento alla stessa opera in due note successive si usano ibid. e ivi (in corsivo). In particolare, ibid. si usa per indicare lo stesso luogo o pagina all’interno di un titolo citato nella nota immediatamente precedente, mentre ivi si usa per indicare lo stesso luogo con pagina diversa:

5. Nome Cognome, Titolo, Luogo di pubblicazione, Editore, anno di pubblicazione, p. xx.
6. Ivi, p. xx.
7. Ibid.

10.1.7 Opere tradotte

Nel caso in cui si faccia riferimento a un’opera tradotta, è bene specificare gli estremi della versione originale (almeno titolo e data di pubblicazione). Esempio:

Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Torino, Einaudi, 2009 (The Origins of Totalitarianism, 1951).

In alternativa possiamo usare la seguente modalità di citazione, più completa:

Hanna Arendt, The Origins of Totalitarianism, New York NY, Schocken, 1951; trad. it. (sulla 3a ediz. originale, 1966) a cura di Amerigo Guadagnin, Le origini del totalitarismo, Milano, Edizioni di Comunità, 1967.

10.1.7 Fonti online

Nel caso in cui si faccia riferimento a una fonte online – sito web o altro – la citazione va completata con URL e data di consultazione. Esempio:

Paolo Costa, Libri e algoritmi, in “Linkedin”, 4 febbraio 2017 (https://www.linkedin.com/pulse/libri-e-algoritmi-paolo-costa/, consultato il 16 febbraio 2019).

Ogni volta che è disponibile, meglio usare il DOI al posto dell’URL, in tutti i casi in cui esso era disponibile. Il DOI (digital object identifier) offre infatti il vantaggio di identificare la fonte menzionata in modo univo e diretto, anziché attraverso la sua collocazione.

10.2 Modalità autore-data (intertestuale)

È la modalità più usata nell’ambito delle scienze sociali. La si predilige anche nelle tesi di laurea perché consente di mettere subito in evidenza la citazione dei testi consultati, evitando di interrompere la lettura con il rimando a piè di pagina. D’altra parte è poco pratica nei casi in cui la maggior parte delle fonti da citare sia priva di autore o di data (per esempio siti internet generici).

Anche in questo caso esistono diversi stili: APA, MLA, Chicago B Style, Harvard Style e altri. E anche in questo caso consiglio di uniformarsi al sistema di regole fornito in The Chicago Manual of Style, Chicago, The University of Chicago Press, 2017 (come già detto, una versione online del manuale è consultabile gratuitamente per 30 giorni).

Nella modalità autore-data la citazione è composta dal cognome dell’autore, dalla data di pubblicazione dell’opera e dai riferimenti di pagina. Il tutto indicato fra parentesi nel corpo del testo. Esempio:

Il tempo è un elemento chiave nel giornalismo, sul quale da sempre si strutturano l’organizzazione e l’attività redazionale. (Costa 2010, 80).

In bibliografia l’opera sarà riportata per esteso, in questo modo:

Paolo Costa. 2010. La notizia smarrita. Modelli di giornalismo in trasformazione e cultura digitale. Torino: Giappichelli.

Se l’autore è direttamente citato nel testo, fra parentesi si indicano solo la data dell’opera e l’eventuale riferimento di pagina. Esempi:

Una ricostruzione dei grandi cambiamenti che hanno interessato il sistema dei media nel nostro paese fra il 1975 e il 2000 è stata tentata da Angelo Agostini (2004).

Un ulteriore momento di svolta è costituito dalla pubblicazione del volume I linguaggi settoriali in Italia, a cura di Gian Luigi Beccaria (1973), il quale è in larga parte dedicato proprio ai mezzi di comunicazione di massa.

Se invece l’autore non è direttamente citato nel testo, fra parentesi si indicano cognome e data, più l’eventuale riferimento di pagina. Esempio:

«A trionfare, infatti, anche nel racconto della guerra, è l’infotainment, un format televisivo con una logica tutta sua, terribilmente invasiva, che ha contagiato anche la selezione, la confezione e la fruizione delle notizie» (Ricucci 2004, p. 16).

Regole specifiche si applicano quando si citano più opere dello stesso autore con date diverse, più opere dello stesso autore con la stessa data, oppure opere scritte da due o più autori.

10.2.1 Citazione di più opere dello stesso autore con date diverse

Se l’autore è direttamente citato nel testo, fra parentesi si indicano solo le date delle opere, separate da virgole. Esempio:

Come afferma Chomsky (1976, 1980), è possibile costruire una teoria linguistica generale, valida per tutte le lingue umane.

Se invece l’autore non è direttamente citato nel testo, fra parentesi si indicano il cognome seguito dalle date, separate da virgole. Esempio:

Alcune ricerche (Chomsky 1976, 1980) tendono a evidenziare l’esistenza di una grammatica universale.

10.2.2 Citazione di più opere dello stesso autore pubblicate nello stesso anno

Se l’autore è direttamente citato nel testo, fra parentesi si indica solo la data delle opere, designando queste ultime con lettere diverse. Esempio:

Bloggs (1993a, b) ha sottolineato in più di una circostanza che…

Se invece l’autore non è direttamente citato nel testo, fra parentesi si indicano cognome e data delle opere, designando queste ultime con lettere diverse. Esempio:

L’avanzamento della teoria si produce in presenza di fenomeni così banali da non farci chiedere perché le cose sono così (Moro 2001a, b).

10.2.3 Citazione di un’opera scritta da due o tre autori

Se gli autori sono direttamente citati nel testo, fra parentesi si indica solo la data dell’opera, più l’eventuale riferimento di pagina. Esempio:

Come affermano Hallin e Mancini (2004, p. 281) il peso dell’informazione politica nei giornali italiani non è diminuito dal 1966 a oggi, contrariamente a quanto è avvenuto in altri paesi.

Se invece gli autori non sono direttamente citati nel testo, fra parentesi si indicano i cognomi degli autori, separati da virgole, seguiti dalla data dell’opera, più l’eventuale riferimento di pagina. Esempi:

L’evento postmoderno potrebbe essere interpretato come una versione aggiornata del concetto di media event, introdotto per designare un evento creato dalla televisione o comunque deformato dalla televisione nei suoi significati, in quanto oggetto di un’attenzione febbrile e spasmodica (Dayan, Katz 1992).

In particolare, essa riflette il sistema di controllo sociale attraverso il quale sono regolati i rapporti fra gli individui e le istituzioni (Siebert, Peterson, Schramm 1956).

10.2.4 Citazione di un’opera scritta da quattro o più autori

Nel caso in cui gli autori dell’opera siano più di tre e non siano direttamente citati nel testo, nel riferimento bibliografico si indica solo il cognome del primo autore, seguito dall’abbreviazione et al. Esempio:

Ricerche recenti (Rossi et al. 2016) hanno evidenziato che…

10.2.5 Citazione di più opere scritte da più autori

Se gli autori sono direttamente citati nel testo, fra parentesi si indicano solo le date delle opere. Esempio:

Una completa ricostruzione di questo panorama è stata fornita da contributi storiografici di Paolo Murialdi (1978, 1995), Carlo Sorrentino (1995), Valerio Castronovo e Nicola Tranfaglia (1976, 2002).

Se invece gli autori non sono direttamente citati nel testo, fra parentesi si indicano cognomi e date. Esempio:

Una completa ricostruzione di questo panorama è stata fornita da contributi storiografici di ampio respiro (Murialdi 1995, Sorrentino 1995, Castronovo, Tranfaglia 2002).

11. Introduzione e conclusioni

Confesso di essere fra coloro che non comprendono l’utilità delle conclusioni in una tesi di laurea, se non al limite come accenno a domande che restano aperte e dunque a possibili ulteriori sviluppi del lavoro. Questo perché una tesi di laurea dovrebbe sempre avere lo scopo di rispondere a una o più domande, ovvero indagare specifiche ipotesi, verificandole sul piano empirico. In tal senso, invece, l’introduzione è utile. Essa dovrebbe includere:

  • una presentazione sintetica del lavoro, dei suoi obiettivi e delle domande a cui tenta di dare risposta;
  • la descrizione della metodologia seguita nell’ambito della ricerca;
  • una contestualizzazione del lavoro, ovvero l’indicazione del modo in cui si rapporta con ricerche analoghe.

12. Bibliografia e sitografia

La bibliografia è l’elenco, in ordine alfabetico (per cognome dell’autore) delle fonti utilizzate direttamente o indirettamente. Tale elenco va collocato nella parte finale della tesi di laurea e si redige raccogliendo tutti i riferimenti bibliografici presenti all’interno del testo: libri, saggi su raccolte miscellanee, articoli su riviste scientifiche, articoli su quotidiani o periodici consultati e utilizzati. La bibliografia può riportare solo quanto è citato nel testo. Non riportare testi consultati e non citati nel testo.

La sitografia consiste nell’elenco dei siti web consultati, anch’esso ordinato alfabeticamente.

13. Abstract

Un abstract non dovrebbe essere più lungo di una ventina di righe. È buona cosa organizzarlo in modo che contenga – nell’ordine – i seguenti punti:

    1. obiettivi
    2. metodo
    3. risultati
    4. conclusioni

14. Didascalie delle illustrazioni

È opportuno che ciascuna illustrazione sia accompagnata da una didascalia atta a identificare il contenuto dell’immagine e la sua partenità. Nel caso delle riproduzioni di opere d’arte occorre inoltre indicare la datazione e il luogo di conservazione delle stesse. Un paio di esempi:

Sandro Botticelli, Nascita di Venere (1483-1485), Galleria degli Uffici, Firenze.

Jingna Zhang, Germaine III (2016).

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