Il libro è morto, viva il libro

Vedo che si fa una certa confusione fra libro elettronico e applicazione per tablet PC (l’iPad di Apple, oggi; ma sono in arrivo i dispositivi di Microsoft e Google). Meglio sarebbe, invece, distinguere i due concetti.

Il libro elettronico è, in buona sostanza, un libro. È un testo scritto, generalmente non breve, fruibile in modo lineare (ha un inizio e una fine determinati dal suo autore), spesso organizzato in parti, capitoli o paragrafi e di solito arricchito da elementi paratestuali: indici, note, appendici, prefazioni, bibliografie. È quindi un sistema logico-concettuale costituito di parole. Trascuriamo qui il fatto che, dal punto di vista semiotico, qualunque insieme di segni – non solo parole – possa essere definito come testo. Trascuriamo anche l’idea che, dal punto di vista pragmatico, il testo sia l’effetto di un atto linguistico, ovvero il prodotto di un’interazione, lo scambio di un insieme di enunciati. Caratteristica essenziale del libro, dal punto di vista del design, è la scansione del testo in pagine. La pagina è l’unità indivisibile di riproduzione e visualizzazione del testo. Chi legge un libro, ne percorre il testo pagina per pagina. Ogni pagina si lascia dietro quella precedente e anticipa quella che seguirà. Non a caso, le pagine sono numerate (figura 1).

Lettura tradizionale: lineare, pagina per pagina
Figura 1

La potenza della pagina, in quanto cornice visiva di unità testuali, si manifesta in molte circostanze.  La pagina è metafora di ciò che ha un inizio e una fine. L’ultima parola di una pagina è sempre un traguardo. A chi – apprestandosi a sospendere la lettura di un libro – non è capitato di dire: “arrivo in fondo alla pagina e mi fermo”? E chi, considerando la propria vita, non si è mai ripromesso di “voltare pagina”?

Nel libro elettronico la carta, tradizionale hardware del testo, è sostituita da un supporto digitale: il testo è contenuto in un file, per la cui lettura è necessario un dispositivo dotato di schermo (personal computer, e-reader o tablet PC, a seconda del formato del file). Una buona definizione è quella fornita dall’Oxford Dictionary of English: “an electronic version of a printed book which can be read on a personal computer or hand-held device designed specifically for this purpose.” Nel passaggio dalla carta all’elettronica, una cosa non cambia: il testo continua a essere organizzato in pagine. E ci si attende che la sua fruizione non si discosti troppo da quella caratteristica del libro stampato: lineare e monodirezionale. Com’è ovvio trascuro qui due importanti, parziali eccezioni: il libro fotografico (privo di testo scritto, ma non di pagine) e il cosiddetto audiolibro (che a mio avviso solo impropriamente può essere definito libro).

Un’applicazione è cosa diversa. È un programma software che consente di organizzare un contenuto e l’interazione con esso secondo modalità alternative rispetto a quella tipica del libro, ovvero modalità né lineari, né monodirezionali. Inoltre l’applicazione permette di superare il concetto di pagina, intesa come unità indivisibile di visualizzazione del testo. Il contenuto può essere scomposto e ricomposto diversamente: in unità più piccole o più grandi. I due aspetti – non linearità e fine della pagina – si combinano mettendo a disposizione dell’utente percorsi di esplorazione del testo inediti (figure 2, 3 e 4).

Esplorazione individuale e libera del contenuto
Figura 2
Lettura per aggregati multipli
Figura 3
Accesso per bisogno puntuale (serach engine aided)
Figura 4

Tuttavia il modello di interazione dell’applicazione non è agnostico. Esso eredita le caratteristiche della piattaforma software su cui l’applicazione è sviluppata. iPod Touch, iPhone e iPad hanno portato questo concetto alle estreme conseguenze. Le applicazioni native – ossia eseguite localmente dal dispositivo in cui risiedono, mobile o tablet – sfruttano tutte le caratteristiche dell’interfaccia multitouch di Apple: zoom in, zoom out, effetto rullo, scorrimento verticale delle liste ecc. (azioni attivabili tramite gesture ormai famose: tap, flick, pinch ecc.)  E infatti sono accettate all’interno dell’ecosistema nella misura in cui rispettano le linee guida grafiche dettate dalla casa di Cupertino.

Il passaggio dall’organizzazione dei contenuti “in pagina” a modelli di testualità non lineari, multidimensionali e personalizzabili, abilitati dalle interfacce dei nuovi dispositivi di lettura, offre notevoli opportunità. Le offre soprattutto con riferimento a quei particolari contenuti editoriali che sono le notizie. Perché le notizie si prestano, per loro natura, a un trattamento di questo tipo e ne risultano valorizzate. Da qui la grande attenzione al fenomeno iPad da parte di quotidiani e riviste. Tuttavia il fatto che l’applicazione permetta di fare tutto ciò non significa che lo faccia necessariamente, ossia che renda automatiche la scomposizione di un testo e la sua ricomposizione. Lo sfruttamento di tali potenzialità è questione di design. E ho già avuto modo di sottolineare come, da questo punto di vista, le prime occasioni italiane siano state perse (vedi: iPad? Non basta la parola).

Aggiungo qui che tale lavoro di scomposizione/ricomposizione non è sempre utile né raccomandabile. Vi sono situazioni nelle quali i valori di coesione e coerenza di un testo non vanno esposti a rischi solo perché ciò è di moda. Trovo che l’organizzazione per pagine sia la migliore possibile, per esempio, per la maggior parte delle opere letterarie e dei saggi scientifici (in rivista o in volume). Caldeggio la fine della carta, ma non dei libri. Sostengo che, in versione elettronica, i libri siano destinati a una grande rinascita (ma sono mai morti?) Servono però dispositivi in grado di emulare l’esperienza della carta. Da questo punto di vista, il Kindle di Amazon è molto meglio dell’iPad di Apple. Così come servono nuovi attori, in grado di sostituire i tradizionali librai nella filiera editoriale (si veda l’articolo di Francesco M. Cataluccio, All’e-book chiederemo qualità, su Il Sole 24 Ore – Domenica dell 11 luglio scorso).

Infine teniamo presente che le forme borderline, rispetto al modello tradizionale del testo in pagina, sono sempre esistite. Basti pensare ai fogli del Talmud, ciascuno dei quali intreccia almeno tre livelli testuali: la Mishnah (le opinioni dei rabbis), la Gemara (le discussioni sulla Mishnah) e le annotazioni alla Gemara (si veda la figura 5). E pensiamo anche, per venire ai giorni nostri, alla cosiddetta pagina web, che apre all’ipertesto ma non rinuncia all’organizzazione lineare. Pagina web che, per dire, trovo molto più adatta di un’applicazione a presentare il contenuto di questo mio post.

Pagina del Talmud: Mishnah, Gemara e annotazioni
Figura 5 - Pagina del Talmud: Mishnah, Gemara e annotazioni

One thought on “Il libro è morto, viva il libro

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Social Network Widget by Acurax Small Business Website Designers
Visit Us On TwitterVisit Us On FacebookVisit Us On PinterestVisit Us On YoutubeVisit Us On Linkedin