“Combatti la dittatura tecnologica”, recitava un vecchio slogan di Sun Microsystems. Purtroppo sembra che il copy e la lezione siano passati invano. E allora consiglio spassionato: leggete il nuovo saggio di Henry Jenkins, uscito lo scorso anno negli Stati Uniti e ora disponibile in traduzione italiana con il titolo Cultura convergente (Apogeo). L’opera ha diversi meriti. Il principale è di rappresentare un valido viatico contro un determinismo tecnologico purtroppo ancora imperante. Jenkins si iscrive a una scuola mai abbastanza benedetta: quella del modellamento sociale della tecnologia. Egli ragiona intorno ai fenomeni culturali, ricordandoci che la tecnologia non “impatta” sulla società ma che, semmai, lo sviluppo tecnologico e le pratiche sociali si co-determinano. In questo senso è decisiva la sua definizione di ‘convergenza’, inerente alle modalità di trasmissione della cultura. La convergenza è per Jenkins il processo di intersezione fra flussi di contenuti attraverso più piattaforme mediatiche, vecchie e nuove. Non quindi fenomeno tecnologico (metaforizzato nell’iper-gadget che unisce telefono, computer e TV), ma pratica sociale. Altrettanto significativa è la rilettura del concetto di “digital divide”. Analfabeta digitale è chi non dispone delle abilità necessarie per produrre e consumare contenuti in modo consapevole, scambiare le proprie conoscenze con gli altri, essere parte attiva di un’intelligenza collettiva ed esercitare una cittadinanza critica in Rete. Insomma, scrive Jenkins, “le battaglie-chiave si combattono adesso. Se ci concentriamo sulla tecnologia, lo scontro sarà perso prima ancora di cominciare a lottare. Dobbiamo confrontarci con le regole sociali, culturali e politiche che circondano il paesaggio tecnologico e ne definiscono le modalità d’uso” (pag. 230). Se non avete tempo per l’inter volume, leggete almeno le “otto caratteristiche dei nuovi media”, sul blog di Jenkins.