Rothschild, angolo piazza Tahrir

I media italiani hanno dato scarso risalto alle manifestazioni che da luglio stanno scuotendo Israele. Eppure si tratta della più massiccia ondata di proteste popolari dalla fondazione dello stato ebraico. Colpiscono alcune analogie con la cosiddetta Primavera araba. Al punto che alcuni – Etgar Keret su “The Nation”, Jeffrey Goldberg  su “The Atlantic” e David Horovitz sul “Jerusalem Post” fra gli altri – hanno evocato una «Israeli Spring». Altri hanno evidenziato piuttosto somiglianze con il fenomeno degli indignados spagnoli. In generale molti hanno sottolineato il ruolo abilitante svolto da Facebook, così come è accaduto in Tunisia, Egitto e Spagna.

Tutto è cominciato infatti con la decisione di Itzik Elrov, impiegato venticinquenne di Bnei Brak, di creare un evento su Facebook per promuovere il boicottaggio dei fiocchi di latte della Tnuva e di altri produttori locali. I fiocchi di latte sono un alimento fondamentale nella dieta degli israeliani. E ben si comprende la rabbia dei consumatori per le liberalizzazioni economiche varate dal governo di Benjamin Netanyahu, che ne hanno portato il valore di mercato alle stelle. Solo nell’ultimo anno il prezzo della confezione base (250 grammi) è cresciuto del 75%. L’appello di Elrov ha quindi trovato terreno fertile: nel giro di poche settimane oltre 100 mila consumatori di cottage cheese hanno aderito alla protesta (la pagina di Facebook si trova qui).

Cottage cheese boycott

La seconda fase della rivolta – assolutamente pacifica – ha avuto come epicentro Sderot Rothschild, arteria centrale di Tel Aviv. In agosto migliaia di manifestanti si sono accampati lungo lo storico boulevard per denunciare la crescita inarrestabile dei prezzi delle abitazioni. Il principale quotidiano israeliano, “Yedioth Ahronoth”, ha parlato di «rivolta delle tende» e ha accostato Sderot Rothschild a Mīdān at-Taḥrīr, la «piazza della liberazione»  del Cairo. La cosa è andata avanti per diverse settimane, fino al 3 settembre scorso, quando oltre 450 mila persone hanno sfilato per le vie delle principali città israeliane chiedendo più giustizia sociale, la riduzione dei costi dei prodotti alimentari di base e migliori servizi per tutti.

Rothschild Boulevard
Tre anni di militare, studio, un lavoro... niente casa (The Contemporary Condition)

Torniamo al punto che qui ci interessa, ovvero il ruolo di Facebook come detonatore e spazio sociale. È interessante la critica mossa da Ben Caspit, commentatore del “Maariv”:  Facebook permette l’adesione alla protesta senza imporre la partecipazione. Bastano un “like” o un “attending” per unirsi al flusso. Ma non c’è vera azione, ne c’è vero sacrificio: «Non è ancora pazza Tahrir», ha scritto Caspit in luglio.

Sull’uso di Facebook a supporto del boicottaggio del cottage cheese in Israele vale la pena di dare un’occhiata all’intervista rilasciata da Itzik Elrov alla televisione taiwanese NTD:

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Customized Social Media Icons from Acurax Digital Marketing Agency
Visit Us On TwitterVisit Us On FacebookVisit Us On PinterestVisit Us On YoutubeVisit Us On Linkedin