World Conference on International Telecommunications

Linee di faglia

Dovremmo avere capito, ormai, che la rete è un luogo tutt’altro che pacificato.

Internet è uno spazio sociale in cui si configurano relazioni. E la posizione giocata dai diversi attori in questo sistema dipende dal capitale detenuto da ciascuno di essi: capitale economico, ma anche culturale e simbolico. Attraverso Internet, dunque, non si definiscono sono relazioni fra pari, ma anche rapporti di egemonia, dominio e sfruttamento. La rappresentazione della Rete come immenso contenitore in cui siamo tutti uguali, nel senso che abbiamo pari potere di parola, controllo e azione, è per lo meno ingenua. Internet è un luogo di uguaglianze, ma anche di palesi disuguaglianze.

A più riprese la ricerca e la pubblicistica hanno intravisto nella Rete la nuova sfera pubblica: lo spazio della “dissoluzione discorsiva del potere”, per dirla con Jürgen Habermas, in cui i cittadini esercitano la critica e formano in modo consapevole le proprie opinioni. Si è sostenuto che le caratteristiche intrinseche di Internet – controllo da parte dell’utente e decentralizzazione dei processi – la rendono il mezzo ideale per sostenere l’interazione politica. Ma noi ci poniamo una serie di domande:

  •  Tali caratteristiche sono effettivamente intrinseche?
  •  Quali condizioni occorre soddisfare affinché lo spazio sociale della Rete sia sufficientemente aperto?
  •  Quali minacce gravano oggi sulla prospettiva di una Rete intesa come “nuova sfera pubblica”?

Nel corso dell’ultimo anno alcuni avvenimenti si sono incaricati di offrirci ampio materiale di analisi e riflessione sul tema.

Pensiamo, per esempio, al fenomeno del Movimento 5 Stelle e al dibattito sulla democrazia elettronica a esso collegato. Mi riferisco in particolare alle modalità con cui si sono svolte le elezioni primarie del Movimento, nel dicembre scorso. Come è noto, tutti gli iscritti hanno potuto votare i propri candidati attraverso una piattaforma software accessibile in Rete. Eppure i critici sottolineano il carattere verticistico e carismatico della leadership grillina, che lascia poco spazio al dissenso e non favorisce un autentico dibattito. Fulcro di questa leadership è il blog di Beppe Grillo, certamente molto distante dai gruppi di discussione delle comunità libertarie e anticonformiste della Rete delle origini. Siamo dunque di fronte alla sperimentazione di una nuova forma di democrazia, oppure a una pericolosa manifestazione di populismo digitale? È possibile pensare, in prospettiva, a una democrazia svincolata dall’esperienza tradizionale della rappresentanza, in cui i cittadini siano consultabili direttamente su qualsiasi argomento?

Altrettanto indicativi del clima che si respira intorno alla Rete sono gli esiti della recente Conferenza Mondiale sulle Telecomunicazioni Internazionali, che si è svolta in dicembre a Dubai. Convocata per discutere eventuali modifiche al trattato del 1988, noto come International Telecommunication Regulations (ITR) , la conferenza rischia di essere ricordata come la Yalta di Internet: da un lato si sono schierati gli Stati Uniti, arroccati a difesa dell’attuale modello di governance; dall’altro paesi come Cina, Russia, Iran e India, impegnati a sostenere un più facile controllo da parte degli stati sull’uso privato di Internet. Nei prossimi giorni approfondirò il tema con una serie di post a esso dedicati.

Infine c’è la questione del “default power” dei social media e in particolare di Facebook. Tema tornato di prepotenza alla ribalta nel giugno scorso, in seguito alla decisione di Facebook di patteggiare nella causa intentata da cinque utenti, che contestavano l’uso de proprio nome all’interno di campagne pubblicitarie: un uso – si badi – previsto dalle condizioni d’uso sottoscritte dagli stessi utenti. Tema al quale ci riconduce lo stringato comunicato di Instagram (acquistata da Facebook pochi mesi prima per un miliardo di dollari) uscito il 18 dicembre scorso per annunciare la revisione unilaterale delle condizioni d’uso offerte ai sottoscrittori del servizio. Nel nuovo scenario Instagram avrebbe rivendicato tutti i diritti sulle foto degli utenti, compreso quello di rivendita per fini pubblicitari. Tre giorni dopo, in seguito alle feroci contestazioni da parte di numerosi utenti, Instagram è stata costretta a fare marcia indietro e ha comunicato la rinuncia ad applicare le nuove condizioni d’uso.

Sono tre episodi apparentemente scollegati. Eppure accomunati dal fatto di rappresentare altrettante linee di faglia nell’ambito di conflitti che si sviluppano in Rete: conflitti fra diritti contrapposti, interessi economici, obiettivi di sorveglianza e sicurezza. A queste linee di faglia è dedicato il corso di Comunicazione Digitale e Multimediale A di quest’anno. Di seguito i materiali presentati durante la prima lezione:

 

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