Giornalismo e ipertelevisione (6)

Supertuesday? È come il Superbowl, in cui una delle due squadre tenta di distruggere se stessa. Lo suggerisce Stephen Colbert nella puntata di ieri del suo “Colbert Report”, in cui un piccolo spazio è riservato anche al successo elettorale non troppo trasparente di Valdimir Putin (“Il 107% dei voti, grazie all’accattivante slogan: Putin 2012, o fa fuori la tua famiglia”).

Il ruolo che i cosiddetti “non-news shows” – come appunto “The Colbert Report”, “The Daily Show”, “The O’Reilly Factor” e molti altri – svolgono nell’evoluzione dell’informazione politica americana è al centro della sesta lezione del corso su Giornalismo e ipertelevisione, di cui riporto i materiali qui sotto:

Intanto gli Stati Uniti ci forniscono un altro esempio – controverso – di spettacolarizzazione del dibattito politico. Fra due giorni debutterà la miniserie televisiva di HBO “Game Change”, tratta dall’omonimo libro dei giornalisti John Heilemann e Mark Halperin, già contestato da alcuni protagonisti della scena politica USA. Il libro racconta, con dovizia di retroscena, la campagna per le elezioni presidenziali del 2008, mettendo in luce in particolare gli errori dei candidati repubblicani e ridicolizzando Sarah Palin.

Ed Harris (John McCain) e Julianne Moore (Sarah Palin), interpreti di "Change Game"
Ed Harris (John McCain) e Julianne Moore (Sarah Palin), in "Change Game"

Nel film, scritto e diretto da Jay Roach, l’ex governatrice dell’Alaska occupa una posizione centrale, complice l’interpretazione che ne dà Julianne More, molto lodata dalla stampa specializzata. “Game Change – ha scritto The Hollywood Reporter – riporta di attualità i dubbi sull’equilibrio mentale della Palin.”

In attesa di vedere il film, ci gustiamo il lungo trailer:

Precedendo la messa in onda della serie, Sarah Palin ha reagito con una campagna di controinformazione a colpi di interviste e di sport diffusi in Rete. Eccone uno:

Siamo evidentemente di fronte a un conflitto. Ma non fra un’identità reale e la sua rappresentazione cinematografica. Il conflitto è piuttosto fra due forme di spettacolarizzazione alternative: una – quella di “Game Change” – non autorizzata e forse malevola; l’altra – quella difesa dalla diretta interessata – costruita attraverso un uso dei media a volte sapiente e a volte incauto (ricordiamoci l’esperienza fallimentare del reality Alaska, costruito intorno alla figura della Palin da TLC nel 2010). Insomma: chi di ipertelevisione ferisce, di ipertelevisione perisce.

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