Pubblico qui i materiali relativi alla quinta lezione del corso su Giornalismo e ipertelevisione. Si parla di canali all news, in attesa di affontare – giovedì prossimo – il caso di studio di Sky Tg24. La lezione di oggi è stata in gran parte dedicata all’esperienza di CNN, la quale ha contribuito non poco a definire i tratti distintivi del modello del 24-hour news cycle e delle cosiddette developing news. Si è parlato anche di “CNN effect”, fenomeno controverso che consisterebbe nella capacità di CNN non solo di dettare l’agenda della politica ma addirittura di condizionare le scelte dell’amministrazione USA, soprattutto in occasione delle grandi crisi internazionali e dei conflitti militari.
Penso che esista altresì un effetto Al Jazeera e che sia anche più evidente. Mi riferisco alla capacità che il network televisivo del Qatar ha mostrato in questi anni di porsi come mediatore culturale fra il mondo arabo e quello occidentale. A noi occidentali Al Jazeera ha insegnato spesso un punto di vista alternativo rispetto a quello del giornalismo americano embedded. E lo ha fatto senza furori ideologici, con uno stile più sobrio di quello praticato da altri network globali (vedi Fox News, per esempio). Agli arabi ha proposto un linguaggio in cui parole come libertà, democrazia e laicità hanno trovato sicura cittadinanza. Credo che il panarabismo di Al Jazeera, un panarabismo risciacquato lungo le rive del Tamigi, alternativo a quello massimalista e retorico di Gamal Nasser, Saddam Hussein o Muammar Gheddafi, abbia fatto molto bene alle nuove generazioni arabe. Le stesse generazioni che oggi rivendicano i propri diritti a Tunisi, al Cairo e nel Bahrain. Molto più che dai social media, il terreno che ha portato agli eventi delle ultime settimane è stato preparato da Al Jazeera.
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