Twitter? Un curation desk

Quando i miei studenti fanno confusione tra fatto e notizia, ricordo loro che il fatto è “ciò che accade là fuori”, mentre la notizia è “il prodotto del lavoro del giornalista”. Mi rendo conto, però, che parlare di “prodotto” significa dare per buono un approccio alla notizia di tipo industriale. Questa visione manifatturiera del sistema dell’informazione, in cui la redazione appare come una fabbrica, regge fino a un certo punto. È forse più corretto considerare la notizia come un processo. La costruzione della notizia comincia con la diffusione di una voce, la quale deve essere verificata attraverso controlli incrociati affinché la si possa confermare o smentire, prosegue con l’arricchimento di dettagli e di informazioni di contesto, si completa con l’aggiunta di commenti, dichiarazioni e pareri di esperti. Il fatto che oggi questo flusso abbia perso il suo andamento lineare e sfiori il limite del caos non fa che confermarne la natura di processo.

È istruttivo in questo senso il modo in cui alcuni giornalisti stanno integrando le piattaforme di real-time blogging e in particolare Twitter nel loro lavoro.  Il caso migliore che conosca è quello di Andy Carvin, senior strategist di National Public Radio. Nei mesi scorsi Carvin ci ha raccontato con grande competenza e capacità di controllo gli eventi che hanno sconvolto il mondo arabo attraverso il suo feed di Twitter (twitter.com/acarvin), raccogliendo  giorno dopo giorno segnalazioni di fatti, opinioni, voci e contestazioni.

Andy Carvin
Andy Carvin

Il Guardian è arrivato a definirlo, in una bella intervista, “the man who tweeted the revolution” (SXSW 2011: Andy Carvin – the man who tweeted the revolution, 14 marzo 2011). La cosa rilevante è che, dietro l’apparente caos dei messaggi di Carvin (anche alcune migliaia al giorno), c’è una logica. Il giornalista americano usa Twitter come strumento di verifica delle informazioni, attivando un network di fonti che raggiunge in tempo reale per ottenere una conferma o una smentita delle voci diffuse in rete. Questo lavoro di cura persegue l’obiettivo di ridurre il sovraccarico informativo per il pubblico: non aggiunge informazioni a quelle già circolanti, ma stabilisce quali di esse possano essere ignorate e cancellate, selezionando i segnali giusti. Sul funzionamento della “verification machine” di Carvin si può vedere il post di Craig Silverman sul sito della “Columbia Journalism Review” (Is This the World’s Best Twitter Account?, 8 aprile 2011). Un approccio analogo è quello seguito dalla redazione della BBC, che ha istituito uno special desk per verificare i contenuti provenienti dagli utenti. Ne ha parlato la prima volta Jonathan Stray nel post Drawing out the audience: Inside BBC’s User-Generated Content Hub (“Nieman Journalism Lab”, 5 maggio 2010). Recentemente è tornato sul tema Alex Murrey nel sito del College of Journalism della BBC (#bbcsms: BBC processes for verifying social media content, 18 maggio 2011).

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Social Network Widget by Acurax Small Business Website Designers
Visit Us On TwitterVisit Us On FacebookVisit Us On PinterestVisit Us On YoutubeVisit Us On Linkedin