“Keep the channel going”

Pubblico qui i materiali relativi alla tredicesima lezione del corso su Giornalismo e ipertelevisione. Onoriamo oggi il blogger libico Mohammed Nabbous, ucciso da un cecchino a Bengazi il 19 marzo scorso. Meno di due mesi fa Nabbous – ventotto anni, un background professionale da informatico – aveva lanciato Libya Alhurra TV, la prima emittente televisiva privata di Bengazi, che trasmette tuttora via Internet attraverso la piattaforma Livestream.

Mohammed Nabous

Se non fosse stato freddato mentre impugnava la telecamera, Nabbous sarebbe presto diventato padre. Ed è stata la stessa moglie Perditta, incinta, ad annunciare fra le lacrime la scomparsa del marito con queste parole:

I want to let all of you to know that Mohammad has passed away for this cause. He died for this cause, and let’s hope that Libya will become free. Please keep the channel going, please post videos, and just move every authority you have to do something against this. There’s still bombing, there’s still shooting, and more people are going to die. Don’t let what Mo started go for nothing, people. Make it worth it.

Da una settimana Libya Alhurra TV propone prevalentemente immagini di repertorio, relative agli ultimi servizi girati da Nabbous prima della sua tragica fine. Il segnale di live streaming è comunque attivo e noi lo riproduciamo qui sotto:

Watch live streaming video from libya17feb at livestream.com

In poco più di un mese Nabbous era diventato un punto di riferimento per molti corrispondenti internazionali, che seguivano i suoi reportage in inglese. Per quanto artigianali e improvvisati, infatti, i servizi di Libya Alhurra TV offrono una testimonianza diretta di quanto sta accadendo a Bengazi. Ecco un esempio di corrisponenza di Nabbous. Il breve dispaccio fu trasmesso il 18 marzo scorso, un giorno prima della morte del blogger. Una sola inquadratura, fissa, con lo sfondo di una bandiera:

Watch live streaming video from libya17feb at livestream.com

La lezione di questa mattina si è aperta ricordando la figura di Nabbous non solo per celebrarne il coraggio. Essa ci sembra esemplare per quanto concerne il ruolo del citizen journalism e dei nuovi media nella recente serie di crisi che stanno scuotendo il mondo arabo. A che cosa serve e quanto pesa il citizen journalism nel caso libico? Alla prima domanda è difficile dare una risposta univoca, soprattutto in assenza di dati certi. La mia sensazione è che il contributo più importante sia costituito dalla capacità di stabilire un contatto con il pubblico globale. È a questo pubblico che sembrano rivolgersi i blogger e micro-blogger mobilitati intorno alla crisi libica. Analizzando al volo la discreta mole di contenuti disponibili su Twitter, per esempio, si constata che i messaggi in inglese superano nettamente quelli in arabo. Fra i followers prevalgono gli utenti occidentali o comunque basati in Occidente, che comunicano in inglese o spagnolo. Numerosi sono i giornalisti free lance e gli attivisti, mentre gli utenti italiani appaiono pochissimi.

Se poi diamo credito a Trendsmap, che però riesce a censire il flusso dei messaggi solo a macchia di leopardo e ha un buco proprio in corrispondenza della Libia, lo hashtag #libya genera i volumi più importanti nelle città arabe a vocazione globale (Il Cairo, Dubai) e nelle capitali europee con forte densità islamica (Londra, Parigi). Di grande rilievo è inoltre la popolarità dello hashtag nelle capitali di due regimi islamici radicali: Teheran e Riyad. Insomma, il sospetto è che l’audience locale sia tagliata fuori da questo flusso. Gli arabi che seguono le vicende libiche via Twitter sono soprattutto gli espatriati oppure quelli urbanizzati e globalizzati del Cairo e di Dubai. E a mio parere il processo di globalizzazione di questa audience è stato in gran parte abilitato da Al Jazeera, più che dai cosiddetti nuovi media.

Del resto tutto ciò è coerente con la fotografia scattata nel 2009 e poi aggiornata alla fine dello scorso anno da Bruce Etling, John Kelly e Rob Faris, del Berkman Center for Internet e Society, con il loro studio Mapping the Arabic Blogosphere: Politics, Culture and Dissent. Sono Etling, Kelly e Faris a evidenziare i bridge fra il network dei blog arabi e i mondi anglofono e francofono, così come il ruolo guida dell’Egitto.

Infine secondo Trendistic, che misura il volume di tweet contenenti uno specifico termine, dall’11 al 16 marzo il topic ‘libya’ ha pesato intorno allo 0,1% del totale. Il giorno dell’attacco ONU – 17 marzo – ha sfiorato l’1%. Nella stessa data ‘libya’ è risultato più popolare anche del topic ‘tsunami’ (che l’11 marzo aveva raggiunto l’11,62%). Riportiamo di sotto il grafico elaborato da Trendistic, che si aggiorna dinamicamente e che quindi vale la pena di tenere sott’occhio anche nei prossimi giorni.

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