Se la Cina è lontana

Segnalo il lavoro di un gruppo di attivisti che traducono in mandarino (cinese semplificato) analisi e commenti disponibili in Occidente ma censurati in Cina. Tali contenuti vengono condivisi dai membri del gruppo tramite un account su Google Docs, sono poi pubblicati per tutti sul blog 译者 (“Traduttore”) e “lanciati” tramite Twitter e Google Buzz (chi è interessato può seguire l’account xiaomi2020).

Al momento le suddette piattaforme (Google Docs, Blogger e Twitter) sono parzialmente o totalmente bloccate in Cina (la situazione evolve giorno per giorno e – per quanto riguarda i servizi di Google – può essere verificata qui). Tuttavia, tramite l’uso di proxy raggiunti con strumenti come Tor, Dynaweb e altri, gli utenti cinesi più smaliziati vi accedono ugualmente e ripubblicano i contenuti censurati nei propri blog. Ogni traduzione può essere ripubblicata da migliaia di blogger. Così, prima che i singoli service provider locali si rendano conto della cosa e oscurino i post “incriminabili”, ciascuno di essi è letto da un numero vastissimo di utenti. E ogni utente gira il contenuto al proprio network personale via e-mail o lo segnala con uno dei cloni cinesi di Twitter. In questo modo il lavoro degli anonimi traduttori raggiunge un’audience molto ampia, aggirando la censura imposta dalle autorità di Pechino.

David Talbot, che se ne occupa su Technology Review (vedi: China’s Internet Paradox, May/June 2010) considera molto importante il lavoro del Traduttore. Per Talbot si tratta di un’esperienza che può contribuire a rafforzare la conoscenza dei contenuti occidentali da parte dei consumatori cinesi. Non bisogna infatti dimenticare che oltre il 95 per cento delle pagine visualizzate in Cina proviene oggi da siti web nazionali. Ciò non dipende solo dal fatto che l’accesso ai siti stranieri è spesso ostacolato dalla censura. La verità è che i siti locali rispondono meglio al gusto e al modo di consumare contenuti dei cinesi. Ecco perché, per esempio, Tudou e Youku sono sempre stati preferiti a YouTube. Si tratta insomma di abituare il gusto dei consumatori cinesi a contenuti non censurati. Gli stessi contenuti che, se forniti direttamente dai media occidentali, tendono spesso a essere esclusi dal menu informativo locale più per una scarsa conoscenza che per l’efficacia del Great Firewall.

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