Dubai2012

Chi ha paura della Rete?

Alla vigilia della Conferenza mondiale sulle comunicazioni internazionali (#WCIT12), che si svolgerà a Dubai dal 3 al 14 dicembre, le parti in causa affilano le armi e intensificano le scaramucce propagandistiche. Google ha lanciato un’offensiva mediatica potente, mobilitando il suo popolo al grido di #freeandopen nell’ambito della campagna globale Take Action.

La posta in gioco è alta. Si tratta eventualmente di mettere mano al trattato del 1988, noto come International Telecommunication Regulations (ITR), che definisce la governance delle telecomunicazioni internazionali. Alcuni dei 193 stati membri della Conferenza arrivano a Dubai con intenzioni bellicose. Le delegazioni di Cina, Russia, Iran, India e molti paesi africani proporranno in particolare di rinegoziare aspetti regolatori relativi alle reti IP, wireless e di nuova generazione (le cosiddette next-generation networks): in una parola, Internet. Si tratta di un ambito che, fin qui, è stato scarsamente regolato sia dal punto di vista politico, sia sotto il profilo economico. Oggi la governance di Internet è principalmente affidata ad accordi fra gli attori privati e all’iniziativa di organizzazioni non governative – tutte americane – come IEEE, ISOC, ICANN e W3C, le quali hanno il compito di fissare gli standard infrastrutturali, di comunicazione e di gestione delle risorse. È lecito supporre che questa apertura e questa libertà abbiano favorito l’enorme sviluppo della Rete nell’ultimo decennio.

I governi si presentano all’appuntamento divisi. Si vedano l’analisi di David A. Gross e Ethan Lucarelli (dello studio legale Wiley Rein) e il brief di Inês Nolasco (di Cullen International). Semplificando, possiamo dire che da una parte ci sono gli Stati Uniti e – più timidamente – l’Unione Europea, favorevoli al mantenimento dello status quo, dall’altra paesi come Russia, Cina e Iran, i quali spingono per trasferire all’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU, un’agenzia dell’ONU) la giurisdizione relativa alle norme che regolano il funzionamento di Internet. Si veda, per esempio, la bozza di proposta di modifica dell’ITR preparata dalla Russia, resa pubblica da WCITLeaks.org.

Numerosi analisti ritengono che tale trasferimento di giurisdizione renderebbe più facile il controllo da parte degli stati sull’uso privato di Internet. In sostanza, con il pretesto del contrasto al cibercrimine e ad altre minacce reali o presunte, si vorrebbe mettere il bavaglio alla Rete, impedendo lo sviluppo di uno spazio pubblico elettronico libero da censure. La potenza e la qualità di questo spazio sono ancora tutte da valutare, nonostante le molte primavere celebrate nell’ultimo decennio. Ma è certo che i regimi autoritari di tutto il mondo guardano al fenomeno con preoccupazione e sono impegnati da tempo nel tentativo di neutralizzarlo, anche con l’impiego di strumenti molto sofisticati (si vedano i casi di Cina e Iran).

Al piano politico si sovrappone quello economico, che vede su posizioni contrapposte le compagnie telefoniche e i cosiddetti over the top (OTT), ossia le società come Google e Facebook che usano le reti TLC per veicolare i propri servizi sostenendo costi assai modesti. In sostanza gli operatori telefonici, specie quelli europei, chiedono di rivedere le regole per le reti IP e l’interconnessione, con particolare riferimento all’erogazione e alla qualità del servizio. L’obiettivo è sancire il principio di un equo ritorno dell’investimento da parte di chi mette a disposizione le infrastrutture d rete. Un ritorno da garantire anche attraverso la differenziazione della qualità del servizio e dunque la messa in discussione del principio della neutralità di Internet. Molto chiare, in proposito, le parole di Franco Bernabè, presidente esecutivo di Telecom Italia, pronunciate non casualmente alla vigilia della Conferenza di Dubai, in occasione del convegno Ripensare Internet svoltosi all’Università Bocconi di Milano:

Mi chiedo quanto il potere dei social network potrà determinare le scelte politiche e quanto questo sia compatibile con la democrazia […] Avverto il fascino della piazza più grande dell’umanità, che dà un senso di libertà e ci apre a grandi sfide, come quella di coniugare i diritti delle persone con la libertà, l’innovazione tecnologica con la dignità delle persone. Ma bisogna evitare che qualcuno sfrutti dal punto di vista economico i dati personali.

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