L'Huffington Post

Poltiglia Annunziata

Riccardo Luna ha sostenuto recentemente (si veda il suo pezzo sul Post del 24 settembre, qui) che l’edizione italiana dello Huffington Post potrebbe costituire un game changer nel mercato dei media di informazione. Questo per almeno due ragioni: da un lato perché Lucia Annunziata è un vero direttore, uno di quelli che hanno le notizie prima degli altri e le pubblicano (senza il problema di tutelare la primogenitura dell’edizione cartacea, che in questo caso non c’è); dall’altro lato perché Huffington Post sarà un giornale fatto da blogger, i quali produrranno gratis contenuti di qualità. Luna dice che l’operazione Huffington Post – L’Espresso avrà successo anche per un terzo motivo, ma non sono riuscito a comprende quale, per cui mi fermo ai primi due.

L’ottimismo di Luna è condivisibile? Temo di no. La logica che Lucia Annunziata ha seguito per selezionare il proprio entourage mi sembra salottiera. È la logica della cooptazione dei soliti noti, pescati un po’ fra le celebrities nostrane (Fini, Fassina ecc.), un po’ con il bilancino del politically correct (un operaio, una studentessa, un cooperante, …) e un po’ all’interno delle cerchie autoreferenziali della asfittica blogosfera italiana. Si delinea così una strana poltiglia: un mondo fatto di commenti estemporanei, temo prevalentemente modesti, che caramboleranno in uno spazio chiuso come fanno le palle di un biliardo. Del resto la stessa Annunziata dichiara di non aspettarsi dai blogger un prodotto giornalistico:

I blogger non sono giornalisti, non fanno inchieste, non cercano notizie, che tra l’altro ci costringerebbero anche a una azione di verifica, controllo e responsabilità; si narrano, scrivono delle cose e si confrontano.

Forse dietro questa affermazione si legge l’arroccamento corporativo di chi difende uno status acquisito, o forse la sfiducia nella qualità del lavoro svolto dai blogger. Fatto sta che non v’è alcun bisogno di pagarli, dice la Nostra, visto che producono “commenti, opinioni su fatti in genere noti”. Che – viceversa – i giornalisti si dimostrino capaci di svolgere un lavoro serio di scavo, verifica e approfondimento della notizia, solo perché dispongono di un’abilitazione professionale, è tutto da dimostrare. Ma mi sembra sconcertante l’idea di giocare il successo di questa nuova iniziativa editoriale su un manipolo di blogger, partendo dal presupposto che non faranno giornalismo.

Luna comunque li definisce “bravi”, questi blogger. Non mi stupisce. Li conosce bene, perché fanno parte di quel circolo di amici cui egli stesso appartiene, un club pseudo-esclusivo in cui ci si fa “like” a vicenda su Facebook, seguiti dal parco buoi del cosiddetto popolo di Internet. Ho visto l’edizione italiana dello Huffington Post per come essa si presenta adesso, traendone l’impressione di un prodotto assai modesto. Le rivoluzioni non basta annunciarle. Occorre anche farle. Ma forse Luna sa cose che io ignoro. E in ogni caso le vie del successo, specie in Italia, sono imperscrutabili.

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