Power to the network?

Ribadire il ruolo decisivo giocato da Al Jazeera in occasione delle recenti rivolte nel mondo arabo ci induce a una riflessione sull’effettivo potere dei media, sulla loro forza politica. In passato si è molto discusso di un ipotetico “effetto CNN”, ovvero della capacità che il network fondato da Ted Turner avrebbe di condizionare la politica estera americana, soprattutto in occasione dei conflitti militari. Secondo Steven Livingston (Clarifying the CNN Effect: An examination of Media Effects According to Type of Military Intervention, 1997) questa capacità si manifesta in tre modi. In primo luogo CNN appare un attore potente nell’ambito del processo di agenda setting, ovvero di quel fenomeno studiato dai massmediologi fin dagli anni Sessanta (“discutiamo di questo, perché lo dice CNN”). Secondariamente CNN sembra agire in taluni momenti come fattore di impedimento rispetto agli obiettivi politici dell’amministrazione americana (“vorrei farlo, ma CNN mi rende difficile farlo”). Infine la televisione all news di Atlanta ha un effetto di accelerazione delle decisioni politiche (“facciamo in fretta, perché c’è CNN”).

Oggi diversi osservatori ritengono che Al Jazeera sia giunta a disporre di un potere analogo. Un potere che si manifesta sotto forma di duplice sfida: ai regimi arabi da un lato, alle democrazie occidentali dall’altro. Non a caso l’emittente qatarina dispone di due canali linguistici distinti – arabo e inglese – che perseguono strategie di palinsesto specifiche per le due audience indirizzate. AJA parla al ceto medio delle società arabe e alla diaspora araba in Europa e America. L’accesso ad Al Jazeera da parte di un pubblico arabo vastissimo, fino a ieri tagliato fuori da circuiti informativi che non fossero quelli direttamente controllati dai regimi locali, avrebbe creato addirittura una sorta di comunità virtuale, una nuova sfera mediatica arabo-islamica. È emblematica una dichiarazione di Abderrahim Foukara, capo dell’ufficio di Washington di Al Jazeera, riferita da Lawrence Pintak su “Foreign Policy” (The Al Jazeera Revolution, 2 febbraio 2011):

The genius of Arab satellite TV […] captured a deep-seated common existential pain called Arab sensibility and turned it into a picture narrative that speaks to something very deep in the Arab psyche.

Se ciò è vero, occorre tuttavia verificare la solidità del processo in atto nelle società arabe. In termini habermasiani l’esistenza di una televisione “libera” rappresenta solo l’istanza iniziale di un lungo percorso. Daniela Conte, ricercatrice presso l’IMT di Lucca, si interroga giustamente su questo punto. Ecco che cosa scrive nel suo paper The influence of satellite television on freedom of the press and global flows of information, presentato nel 2007 alla conferenza annuale “Al-Jazeera and the new Arab media” del Center for Middle East Studies di Santa Barbara:

Undoubtedly what is rising in the Arab civil society is a sort of Habermasian public sphere, a third sphere, a new space between state and society. […]. This is the process that emerged from satellite revolution in the Arab world but, now the real problem is about its effectiveness and its future development. A public sphere can create political and social outcomes only in a democratic-based society, where there are mechanisms of implementation, such as democratic institutions, political participation, and involvement of civil society in decision-making process as well as constitutional provisions for allowing process of deliberative democracy.

AJE, invece, parla a un’audience globale, condizionando le agende dei governi occidentali ed esercitando un effetto analogo a quello descritto da Livingston per CNN. Prendiamo, per esempio, il caso della Libia. La cornice narrativa entro la quale Al Jazeera ha inquadrato i sollevamenti in Cirenaica e la reazione di Muammar Gheddafi può essere riassunta nel seguente schema: “come in Tunisia e in Egitto, anche in Libia il popolo si ribella al dittatore, il quale risponde con le bombe”. Questa struttura narrativa, semplice ed efficace dal punto di vista televisivo, ha certamente colpito l’opinione pubblica occidentale, stimolando simpatia per i “ribelli” e odio nei confronti del “tiranno”. Poco importa se, in realtà, il conflitto libico sia riconducibile a una matrice etno-tribale. Conta l’impressione suscitata sul pubblico europeo e americano. Ed è lecito domandarsi quanto tale impressione abbia influito sulla scelta dei governi occidentali – caso francese a parte – di impegnarsi in un conflitto dagli esiti incerti. Perfino la recalcitrante Turchia è stata trascinata in questa avventura.

Tutti i commentatori più attenti sottolineano l’impatto crescente di Al Jazeera non solo sulla sfera pubblica araba, ma anche nei confronti del mondo occidentale. All’influenza dei media arabi nello scacchiere globale – non dimentichiamo che accanto ad Al Jazeera c’è l’emittente saudita Al Arabiya, decisamente più conservatrice – è stato per esempio dedicato il recente documentario radiofonico The Rise and Influence of Arab Media, prodotto Dalla Stanley Foundation e distribuito dalla radio pubblica californiana KQED. Del resto che la sfida lanciata da Al Jazeera riguardasse direttamente l’Occidente era stato ipotizzato già diversi anni fa da Hugh Miles, autore del libro Al-Jazeera. The inside story of the Arab news channel that is challenging the West (2005). Oggi lo stesso Miles interviene sulle pagine di “Foreign Policy” e parla esplicitamente di Al Jazeera Effect (8 febbraio 2011), ipotizzando che il target finale possa essere l’Arabia Saudita:

Given Al Jazeera’s enormous influence on the Arab street and its electrifying message that Arab dictatorships are, in fact, mortal, it is no wonder dictators and despots across the region have been left feeling rather rattled. There have already been hints of insurrection’s ripples in Algeria, Jordan, Yemen, and Bahrain. But could Al Jazeera threaten Saudi Arabia?

C’è però anche chi sostiene che il successo conseguito dall’emittente qatarina nelle scorse settimane non si traduce automaticamente in una maggiore influenza sull’opinione pubblica americana. È questa la conclusione cui giungono, per esempio, i ricercatori William Youmans e Katie Brown sulla base di un recente sondaggio che ha coinvolto un campione di cittadini USA (Can Al Jazeera English Leverage its ‘Egypt Moment’ into an American Audience? in “Arab Media & Society”, 12, 2011). Ne consegue che, secondo Youmans e Brown, la penetrazione di Al Jazeera nel mercato americano resterà limitata, così come la sua capacità di condizionare il punto di vista dei cittadini americani che hanno scarso accesso alle fonti di informazione straniere.

 

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