Flag of the People's Republic of China

Orsi, tori e draghi

Scrive Paolo Panerai nell’editoriale che apre il numero speciale di “MF ChinaItaly”, da pochi giorni in edicola:

L’Italia è il paese più affidabile in Europa agli occhi della Cina per due motivi precisi: 1) non si permette di interferire nella governance democratica, tenuto conto che la democrazia non è esportabile tel quel, specialmente in un paese che fino a 30 anni fa era afflitto dalla povertà e cha ha oltre 1,5 miliardi di abitanti, di cui circa un terzo ancora in disagio economico; 2) è l’unico paese europeo favorevole a far dichiarare la Cina paese di economia di mercato, come da anni chiedono con garbo i governanti del grande paese, avendo in effetti creato un mercato in molti casi più libero che in altri paesi di tradizione liberale.

Panerai sbaglia due volte. Sbaglia, innanzi tutto, nel ritenere che l’Italia goda di un primato di credibilità da parte della Cina. Avendo maturato una parziale esperienza in quel paese fra il 2005 e il 2007 e avendo anche in seguito mantenuto contatti di lavoro con aziende cinesi, posso testimoniare il contrario: fra i paesi europei, l’Italia è fanalino di coda quanto a credibilità. Ma sbaglia anche, Panerai, suggerendo che la non interferenza nelle questioni interne della Cina aiuti le nostre imprese a muoversi indisturbate in quel mercato. Chi opera in Cina sa bene di potere essere “disturbato” in qualunque momento e senza un’apparente ragione. Ciò accade perché, a differenza di quanto dice di pensare Panerai, in Cina non vige un’economia di mercato. In questo senso, gli atti arbitrari imposti alle imprese (locali e straniere) sono l’immagine speculare degli arbitri nei confronti degli individui. Lo stato di diritto conviene non solo ai dissidenti, ma anche alle imprese che vogliano operare in un quadro realmente concorrenziale. Laddove lo stato di diritto manca, è peggio anche per le imprese.

Google è un’impresa che, con tutte le sue contraddizioni, ha deciso di interferire nelle questioni interne cinesi. Forse domani pagherà un prezzo definitivo per questa sua scelta. Ma finora le autorità di Pechino non sono riuscite a estromettere Google dal proprio mercato. Ciò è avvenuto, secondo la tesi di un’attenta osservatrice come Rebecca Mackinnon, proprio per l’autorevolezza di cui il service provider americano continua a godere presso l’élite dei consumatori cinesi (si veda Google Confronts the Great Firewall, “Foreign Policy”, 31 maggio 2012). Finora, quindi, il mercato ha prevalso sulla Realpolitik.

Xinhua

Ma, proseguendo nella lettura dell’editoriale di Panerai, le ragioni di un atteggiamento così accomodante da parte di Milano Finanza appaiono in tutta la loro malinconia. Scopriamo infatti che “MF ChinaItaly” è un’iniziativa editoriale sviluppata in collaborazione con l’agenzia Nuova Cina (Xinhua), con cui Class Editori ha concluso un grande accordo di partnership multimediale. Panerai definisce Xinhua “il più grande gruppo editoriale del paese”. Noi preferiamo ricordare la definizione datane da Reporters sans Frontières: “la più grande agenzia di propaganda del mondo”. E sulla differenza fra informazione e propaganda continuiamo ad avere le idee chiare.

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