Ucraina: 100 mila tweets non fanno primavera

Qual è la posizione dei mass media nell’Ucraina post-comunista? In particolare, qual è il contributo di Internet alla definizione della sfera pubblica ucraina e allo sviluppo della comunicazione politica in quel paese? E infine: come vengono usate le nuove piattaforme mediali (di blogging, micro-blogging e social networking) nelle elezioni presidenziali in corso? Riprendo qui alcuni spunti di una riflessione che ho sviluppato ieri sera, ospite del Partito Radicale di Milano. Qui sotto, la presentazione utilizzata nel corso del dibattito, che contiene anche alcuni riferimenti bibliografici e link utili.

Mi sembra di poter dire che il ruolo di Internet in occasione delle recenti elezioni in Ucraina è stato poco più che marginale. E ciò non dipende solo dalla scarsa penetrazione del nuovo medium, in rapporto alla diffusione dei mezzi tradizionali (televisione, stampa e radio). L’uso di Internet a sostegno del dibattito pubblico presuppone qualità delle relazioni fra i soggetti online: qualità che non è facile riscontrare nel contesto attuale in Ucraina, salvo rare eccezioni. Un approccio poco consapevole prevale sia nella comunicazione mainstream (dei media, dei politici) sia in quella grassroots (dei cittadini).

Del resto il ruolo esercitato dai nuovi media nell’orientare l’opinione pubblica in occasione dei grandi appuntamenti elettorali è quasi sempre sovrastimato. E ciò è vero anche per i paesi in cui la diffusione di Internet è maggiore. Le elezioni presidenziali USA del 2008, per esempio, sono spesso indicate come un punto di svolta. Il candidato Barack Obama, si dice, ha costruito lo straordinario consenso che lo ha portato alla Casa Bianca utilizzando la Rete in modo sapiente. In realtà questo luogo comune non corrisponde a quanto emerge dalle ricerche più serie condotte dopo il voto. Certo, uno studio del Pew Research Center, pubblicato nell’aprile 2009 nell’ambito del Internet & American Life Project, ha messo in evidenza che, in occasione delle elezioni presidenziali americane del 2008, oltre la metà della popolazione con diritto di voto ha utilizzato Internet per connettersi al processo politico durante il ciclo elettorale. Lo ha fatto per cercare notizie (60% degli utenti di Internet), per comunicare con altri sui temi della campagna (38% degli utenti) e per scambiare informazioni con strumenti specifici come la posta elettronica, i sistemi di messaggistica istantanea o Twitter (59% degli utenti). Tuttavia dallo studio è emerso il ruolo tuttora preminente della televisione come fonte di notizie sulle elezioni. Se consideriamo come universo di riferimento il totale della popolazione USA in età di voto, la quota di coloro che hanno utilizzato prevalentemente Internet per informarsi non raggiunge il 30% ed è di poco inferiore a quella degli utenti che hanno dichiarato di essersi informati soprattutto attraverso i giornali a stampa. Cifre da confrontare con il 77% di utenti per i quali la televisione ha costituito il canale principale di informazione (erano possibili fino a due risposte). La televisione resta insomma il medium dominante per quanto riguarda l’informazione politica. E in Italia? In base ai risultati dell’indagine condotta dal Censis all’uscita dei seggi elettorali alle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008, la Rete costituisce la fonte informativa per una fetta ancora minoritaria del corpo elettorale, pari al 7,6%. Il principale strumento utilizzato dagli italiani per formarsi un’opinione sull’offerta politica rimane la televisione (78,3% degli elettori, in crescita rispetto al 2006). Seguono, a grande distanza, la carta stampata (20%) e i pareri di familiari e parenti (16,7%). Un ruolo ancora meno importante è svolto dalla radio (42° Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, Roma, Censis, 2008).

Se poi consideriamo le realtà nelle quali Internet ha una penetrazione e un ruolo sociale decisamente più limitati, il contributo dei nuovi media in occasione delle elezioni risulta addirittura marginale. È il caso appunto delle recenti elezioni presidenziali in Ucraina (il primo turno si è svolto il 17 gennaio scorso, mentre il ballottaggio è previsto per il 7 febbraio).

La penetrazione di Internet in Ucraina è particolarmente bassa, non raggiungendo il 23% della popolazione (InternetWorld Stats, settembre 2009). Altri paesi sorti dalla disgregazione dell’URSS sono messi decisamente meglio: Russia e Bielorussia superano il 32%, mentre le repubbliche baltiche viaggiano fra il 60 e il 70%. In Europa solo Moldavia, Albania e Kosovo hanno una penetrazione più bassa di quella registrata in Ucraina. Colpa di un’infrastruttura telefonica arretrata, della scarsa diffusione dei personal computer e dell’elevato costo dei servizi telefonici in rapporto al potere di acquisto della popolazione. In compenso la penetrazione della telefonia mobile raggiunge il 120%, in linea con la media europea.

In questo contesto qual è il ruolo di Internet nella competizione elettorale in corso?

Come mezzo a supporto della comunicazione politica dei candidati la Rete è utilizzata da tutti in modo antiquato, ingenuo e irrilevante. I siti ufficiali di Viktor Yanukovych, Yulija Tymoshenko e Sergey Tigipko sono capolavori di agiografia e comunicazione a senso unico. Manca evidentemente la disponibilità a entrare in contatto con gli elettori, i quali ricambiano dimostrando uno scarso interesse per questo tipo di presenza sul Web. La pagina di Tigipko su Facebook ha 155 sostenitori (da confrontare con i 162 mila di Silvio Berlusconi, i 19 mila del cancelliere tedesco Angela Merkel, gli 11 mila del presidente venezuelano Hugo Chávez e i 6,8 milioni di Barak Obama). Yanukovych è su Twitter, ma ha protetto il proprio spazio: per seguire i suoi tweets occorre fare domanda. Quanto alla Tymoshenko, il suo canale su YouTube ha totalizzato 152 mila visualizzazioni, segno che neppure il suo sex appeal è sufficiente a sollecitare livelli di interesse pari, per dire, a un Marco Travaglio.

Come piattaforma per il giornalismo tradizionale Internet svolse uno ruolo significativo durante la Rivoluzione Arancione del 2004, quando i siti di Ukraynska Pravda, Obozrevatel, ProUA e Kanal 5 fornirono informazioni di prima mano, accurate e libere dalle pressioni dell’establishment politico-economico. Ukraynska Pravda, in particolare svelò in tempo reale i brogli elettorali di Yanukovych e le manovre orchestrate del regime per manipolare l’opinione pubblica ucraina. Non va peraltro sottaciuto il fatto che Ukraynska Pravda, fondata da Georgiy Gongadze (il giornalista assassinato nel 2000 in circostanze mai del tutto chiarite mentre indagava sulle trame dell’allora presidente Leonid Kuchma), riceve il sostegno dell’organizzazione non governativa americana National Endowment for Democracy: circostanza, questa, che i militanti filo-russi indicano come sospetta. Oggi il panorama sembra essersi alquanto appiattito e il grande pubblico preferisce le soft news di Korrespondent, sito edito dal gruppo multimediale KP Media. Con i sui sei milioni di visitatori al mese (dichiarati dall’editore, ma ho il sospetto che siano molti meno), Korrespondent si guadagna il ventiquattresimo posto nella classifica dei siti più trafficati secondo Alexa. Gli utenti ucraini di Internet si concentrano su altri siti: i social network russi come Vkontakte, Odnoklassniki e Vk (Facebook è solo al venticinquesimo posto) o i grandi portali omnibus come Mail, Yandex e Ukr.

Come spazio per l’esercizio della netizenship Internet sembra relegato a poche elite. Sopravvive il forum di Maidan, che nel 2004 fu il punto di riferimento per il movimento arancione, rappresentando gli umori della piazza e animando la comunità con notizie in tempo reale (anche se non sempre opportunamente verificate, come quella che voleva i carri armati russi alle porte di Kiev). Esperienze interessanti sono quelle di Zakron404 (sito di raccordo degli attivisti che si sono mobilitati, nel novembre scorso, contro il disegno di legge che legittima la pratica del filtering in Ucraina) e di Elect UA (progetto di informazione crowd sourced nato con l’obiettivo di garantire la massima trasparenza in occasione delle elezioni, dal quale sono scaturiti oltre 100 mila tweets). Quest’ultima iniziativa, per quanto generosa, dimostra i limiti dello sviluppo di Internet in Ucraina, dove risultano attivi solo 17 mila utenti di Twitter: “a bonus for plugged-in professionals but little influential to ordinary citizens”, lo definisce la giornalista Natalia Ligacheva nel suo Telekritika.

Il successo di Tigipko, con il suo inatteso 13% raggiunto al primo turno attraverso un uso accorto della televisione e dell’outdoor advertising, dimostra il ruolo primario svolto tuttora dai media tradizionali in Ucraina. Anche la decisione di Yanukovych di sottrarsi ai confronti televisivi è una controprova del peso che il piccolo schermo esercita in questa campagna elettorale. Ed è importante ricordare che lo scenario dei media tradizionali presenta caratteristiche tipiche del mondo post-comunista: concentrazione dei mezzi di informazione in poche mani, scarsa trasparenza nei rapporti fra proprietà e mondo politico, tentativi di condizionamento della stampa  e coperture giornalistiche a pagamento (largamente diffusa è la pratica della jeansa, corrispondente alla nostra “marchetta”). Quando non si arriva, per regolare i conti con giornalisti scomodi, a veri e propri atti di violenza. Solo nell’ottobre del 2009 ben otto giornalisti sono stati oggetto di pestaggi o di attentati.

Nella breve storia di mass media dell’Ucraina post-comunista si possono riconoscere diverse tappe. L’età dell’oro del giornalismo ucraino coincise con la presidenza di Leonid Kravchuk (1992-1994), che sancì la fine della censura ufficiale e del monopolio statale sui mezzi di informazione, oltre all’apertura ai grandi flussi della news industry globale. Con l’avvento al potere di Leonid Kuchma, nel 1994, l’influenza della vlada – termine ucraino che designa l’establishment politico ed economico – crebbe progressivamente. Le sei reti televisive nazionali finirono sotto il controllo dei clan oligarchici o dello stato.

La volontà di Kuchma di manipolare i mass media per influenzare l’opinione pubblica si manifestò con maggiore evidenza dopo il 1997, quando tornarono in auge pratiche censorie di sovietica memoria. Nei confronti della televisione e dei mezzi controllati direttamente dallo stato si diffuse in particolare il ricorso ai temnyky, istruzioni indirizzate ai giornalisti sul modo più appropriato di trattare le singole notizie. Il metodo fu sperimentato con successo dagli spin doctor russi Marat Gelman e Gleb Pavlovsky, consulenti di Putin per conto della Foundation for Effective Politics (su Pavlovsky si veda il profilo redatto dalla European Stability Initiative). L’esistenza dei temnyky è sempre stata negata da Kuchma. Tuttavia esistono studi credibili che ne confermano l’utilizzo fino al 2004. In particolare nel marzo del 2003 l’associazione non governativa americana Human Right Watch redasse il dettagliato rapporto Negotiating the News: Informal State Censorship of Ukrainian Television. Con i media privati (quotidiani, riviste e radio) vennero utilizzate altre tecniche, come il controllo sulle concessioni o le reti di distribuzione, le pressioni sulle proprietà, l’intimidazione fisica e la violenza. La tragica morte del giornalista Georgiy Gongadze, il 17 settembre 2000, fu l’evento più grave di una lunga serie di attacchi, per i quali le responsabilità di Kuchma sono pesantissime. Dal 2001 anche i media elettronici finirono nel mirino del regime. A cominciare da Ukraina Kriminalna, sito web “colpevole” di avere rivelato i rapporti di Leonid Derkatch, all’epoca capo dei servizi segreti ucraini, con i potentati economici. Ma anche i giornali online Obkom e Antiterror ebbero i loro problemi.

Gli sforzi di Kuchma, peraltro, non ebbero grande successo. La sua popolarità semmai decrebbe, sia presso l’opinione pubblica interna sia presso i media internazionali. Finché, nel 2004, la Rivoluzione Arancione fece pensare a una svolta e parve dimostrare, per la prima volta, un ruolo non secondario dei nuovi media nello sviluppo democratico dello stato e della società. Internet fu usato non solo per diffondere notizie senza i vincoli della censura, ma anche per mobilitare gli attivisti, raccogliere i fondi, organizzare campagne, connettersi alla comunità democratica globale. Invece gli anni successivi segnarono una nuova involuzione, favorita anche da una situazione economica assai compromessa. Eccesso di realismo, disincanto e conformismo sembrano i sentimenti prevalenti nella società civile di oggi. Ciò ha favorito il ritorno di antiche logiche nel rapporto fra la politica e il mondo dell’informazione.

3 thoughts on “Ucraina: 100 mila tweets non fanno primavera

  1. Nella intervista rilasciata ieri da Josh Ross a Maurizio Caprara e apparsa oggi su Corriere.it trovo una conferma di quanto riferivo a proposito del ruolo di Internet nelle ultime elezioni presidenziali USA. Ross, che è stato consulente di John Kerry e Hillary Clinton per i new media, dice fra l’altro: “C’è un grosso mito su Internet e la campagna elettorale. Ma l’audience che si raggiunge in rete è per lo più quella dei sostenitori. La novità è che il web ha permesso un dialogo diretto con questi, e Obama è stato bravo nel dialogare.”

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