il logo di twitter nello schermo di uno smartphone

Che cos’è un tweet

Le molteplici forme di un tweet, nella bella lezione che Marina Petrillo (@AlaskaRP) ha svolto venerdì scorso alla Scuola Holden di Torino per celebrare la conclusione del progetto #wehaveadream. Dell’iniziativa di social writing, promossa da Telecom Italia, si parla in qui. A me interessa prendere spunto da quella lezione per tornare sul tema – già affrontato nel post Intertestualità e plagio – della dislocazione del testo in quanto parametro critico per definirne intenzionalità, funzione ed effetto.

Alla domanda “che cos’è un tweet?” risponde dunque Marina Petrillo:

È un post-it, ossia una breve nota che redigiamo per fissare un contenuto qualsiasi e renderlo memorizzabile, recuperabile e condivisibile. Ma un tweet è anche un aforisma, il verso di una poesia, un annuncio che attende risposta, il frammento di una conversazione o una conversazione intera, una mappa, uno scherzo.

Ovviamente un tweet è anche una notizia, cioè la rappresentazione critica di un fatto. Circostanza che alla giornalista Petrillo interessa in modo particolare. In sostanza un tweet può essere molte cose e assumere molteplici fisionomie, a patto di non eccedere la lunghezza di 140 caratteri. Ma in tutti i casi, anche quando include immagini, è una forma di testualità. Per questo, ci ammonisce Petrillo, “quando siete su Twitter ricordatevi che non state imbrattando un muro, state scrivendo.” Ogni testo che pubblichiamo su Twitter è un’assunzione di responsabilità. D’altronde “scrivere online vuol dire imparare a gestire il peso delle parole”, ci ricorda la blogger Elasti (@nonsolomamma), pure ospite della Scuola Holden. Ecco dunque una serie di consigli che sono deontologici, prima che pratici: “Non rinunciate mai alle regole della buona scrittura, rispettate la punteggiatura, gli spazi, la sintassi”. O ancora: “Date ritmo al vostro tweet. E il verbo è ritmo, movimento”. Oppure: “La voce è tutto: precisione, accuratezza, perspicuità”. E infine: “Twitter? Una ragione in più per abolire gli avverbi in –ente”.

Ma c’è una prospettiva affatto diversa, secondo la quale un tweet non è un post-it, né un aforisma, un annuncio o un’espressione poetica. E neppure è una conversazione, uno scherzo o un articolo. Un tweet è un tweet. O meglio: un aforisma, un verso e un annuncio cessano di essere tali e diventano tweet, nel momento in cui li dislochiamo su Twitter. Perché lo spazio in cui li collochiamo – spazio innanzi tutto sociale – fa la differenza. Il mio invito è a considerare Twitter non solo come un laboratorio di riscrittura, in cui l’autore concepisce i suoi piccoli capolavori di originalità in 140 caratteri, ma semmai come uno spazio di riscrittura, in cui ricombiniamo testi preesistenti e li collochiamo in un contesto nuovo. Su Twitter l’atto della scrittura significa “letteralmente spostare il linguaggio da un luogo all’altro, proclamando a chiare lettere che il contesto è il nuovo testo” (Kenneth Goldsmith, Uncreative Writing: Managing Language in the Digital Age, Columbia University Press, New York, 2011).

È chiaro che questa prospettiva pone sfide nuove al giornalista, il quale agisce nella sfera pubblica cercando di pronunciare una voce autentica e perseguendo criteri di accuratezza e correttezza analoghi a quelli che dovrebbero valere su altri media. Le ultime due lezioni del corso Leggere e scrivere letteratura con Twitter si sono focalizzate sul rapporto fra giornalismo e social media. Qui sotto sono disponibili i materiali utilizzati durante la lezione del 24 marzo:

E in quella del 25 marzo:

Oggi abbiamo anche ospitato Marianna Bruschi (@MariannaBruschi), giornalista della “Provincia Pavese”, la quale ci ha portato una testimonianza importante del lavoro che la sua testata sta facendo per integrare Twitter nella propria strategia editoriale. Si è parlato di Twitter come strumento di accesso alle fonti, del rapporto sviluppato con la comunità dei lettori attraverso la piattaforma (si pensi ad hashtag come #trenipv, usato dal quotidiano per creare una mappa dei tweet dei pendolari della linea ferroviaria Milano-Pavia, o lo Storify #Paviaricorda, usato per ripercorrere insieme l’istante in cui, il 17 marzo 1989, la Torre civica di Pavia crollò) e di esperimenti come #TwittaPavia.

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