copyright

Sogno o son Getty?

Da alcuni giorni Getty Images rende disponibili a titolo gratuito 35 milioni di immagini per qualunque uso online non commerciale. È un apparente rivoluzione, rispetto alla strategia fin qui seguita dalla nota agenzia fotografica. In passato la cessione a terzi dei diritti di utilizzo delle immagini avveniva solo a fronte del pagamento di un corrispettivo economico. Le violazioni delle condizioni d’uso non erano tollerate, anche se nella pratica Getty faticava alquanto a identificare e denunciare tutti i casi di infringiment. Da oggi, grazie a un iframe analogo a quello generato da YouTube per permettere l’incorporazione dei propri video, possiamo invece inserire le immagini di Getty come parte della nostra presenza online (siti web, blog personali, piattaforme di selfpublishing), a patto di non utilizzarle “per qualsiasi scopo commerciale, per esempio in attività pubblicitarie, promozionali o di merchandising, o per suggerire approvazione o raccomandazione” (così recita il documento di Termini e condizioni del servizio online dell’agenzia). Il disegno incorporato nel presente post, per esempio, è di proprietà del sito Getty Images, che lo ha rese disponibile in base alla nuova politica.


Parlo di rivoluzione apparente perché con questa mossa Getty non ha fatto che prendere atto di una situazione di fatto, come lo stesso Craig Peters, senior vice president dell’agenzia ha ammesso il 5 marzo scorso in una intervista al “British Journal of Photography” (si veda Getty Images makes 35 million images free in fight against copyright infringement). Dato che ogni giorno tonnellate di immagini sono prelevate illecitamente dal sito di Getty, tanto vale incentivare questa pratica, regolandola. Con il nuovo incorporatore le immagini “copiate” si porteranno dietro il riferimento all’autore e alla proprietà. E comunque continuerà a essere vietata qualsiasi manipolazione della foto originale.

Getty riconosce insomma che viviamo nell’epoca del taglia-e-incolla digitale e che certe pratiche, ancorché illecite in termini di legge, sono parte di una cultura diffusa. Di software culture, mash-up, creative commons e remix abbiamo parlato durante la lezione odierna del corso Leggere e scrivere letteratura con Twitter, di cui proponiamo i materiali qui sotto:

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