In assenza

Prevale l’idea che, scegliendo di non diffondere l’immagine del cadavere di Osama Bin Laden dopo il blitz di Abbottabad, l’amministrazione USA abbia preferito non offrire un’icona facilmente strumentalizzabile. Insomma: occhio non vede, cuore non duole. A maggior ragione nell’epoca in cui l’immagine si fa simulacro, detronizza il fattuale e si incarica di parlare di sé più che del fatto rappresentato. D’altra parte – si potrebbe obiettare – l’assenza dell’icona rischia di tradursi in un elemento di debolezza di tutta l’operazione. E non perché quella foto sia necessaria come prova della morte di Bin Laden. Oggi le fotografie a tutto servono, tranne che a documentare la realtà. Il problema è semmai di natura simbolica. Se il cerchio si aprì l’11 settembre 2001 con un’immagine di potenza quasi ipnotica – le Torri gemelle in fiamme – lo stesso cerchio avrebbe dovuto chiudersi sei giorni fa con un’altra immagine, non meno potente.

Torri gemelle

Mi permetto di proporre una chiave di lettura alternativa, che in qualche modo mi suggerisce l’intervento di oggi di Adriano Sofri su la Repubblica (Il cerchio simbolico di Osama). A mio parere Sofri ha ragione, quando dice che l’invisibilità dell’azione di Abbottabad rappresenta “una riserva”, in quanto “è fatta per accrescere la suggestione di immagini”. L’invisibilità diventa quindi una delle possibili strategie spettacolarizzanti, una strategia in assenza. Da un lato lo spettacolo delle Twin towers che bruciano come torce e si accasciano: la potenza ridotta in polvere, a vantaggio degli scopofili di tutto il mondo. Dall’altro lo spettacolo, ancora più agghiacciante, di una potenza che Osama non è riuscito a sconfiggere e che colpisce nel buio. Invisibile, appunto. Recentemente un’altra icona invisibile ha terrorizzato il mondo, quella della radioattività sprigionata dalla centrale di Fukushima, in Giappone. Perché è sempre stato così: sono le cose che non si vedono, quelle che fanno più paura. L’unico modo per sconfiggere la potenza dell’immagine dell’11 settembre era definire un simulacro in assenza: il volto maciullato di Osama, appunto, che probabilmente non vedremo mai, ma che forse visiterà in sogno molti uomini, per ricordare la forza degli Stati Uniti.

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